La Nuova Sardegna

I fondi dell'Europa, decidiamo insieme il futuro dell'isola

Luca Rojch
I fondi dell'Europa, decidiamo insieme il futuro dell'isola

Manca nel progetto un reale confronto con il territorio che parta dal basso. Il governo sembra avere scelto di gestire le risorse in modo del tutto autonomo - IL COMMENTO

13 dicembre 2020
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Il governo ha acceso la macchina del tempo, oggi si decide il futuro dei prossimi 20 anni. Sì, perché i 209 miliardi del Recovery fund sono il più grande investimento economico che l’Italia sta per gestire. Tanto per fare un esempio la manovra del 2019 era da 30 miliardi. E lo tsunami di denaro che investirà l’economia arida e depressa del Paese potrebbe cambiare per sempre la sua natura produttiva. Ora l’Italia rischia di scivolare dallo yacht superlusso del G7 nello scomodo gommone dei paesi postindustriailizzati.

L’iniezione di risorse è il più grande progetto di rinascita che il Paese abbia mai visto dai tempi del Piano Marshall. Un’occasione che non può essere sprecata. Il governo Conte ha già deciso in quante fette dividere la torta e quanto devono essere spesse. Ma non c’è una partizione ufficiale per Regioni. Per l’innovazione e la digitalizzazione saranno investiti 48 miliardi. Per la rivoluzione green 74 miliardi. Per le infrastrutture 27 miliardi, per la ricerca e l’istruzione 19 miliardi. Per la parità di genere 17, per la sanità 9. Calcoli e cifre ufficiosi. Perché il recovery fund sembra ancora un ufo, un oggetto non identificato. Il governo nazionale si limita a ipotizzare il ricorso a tavoli di esperti e manager. Un approccio verticistico che rischia di trasformare un progetto di mutamento del tessuto produttivo in un’erogazione a pioggia di risorse. Un sistema che ha mostrato di essere del tutto inefficace.

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In Sardegna il fallimento dell’industria è stato accompagnato da un’immancabile iniezione di fondi pubblici. Piani di rinascita e di rilancio che hanno favorito solo l’arrivo dei predoni professionali di contributi a fondo perduto, che sono evaporati più velocemente delle pseudo aziende che avevano creato. Dal centro Sardegna al Sulcis, la Sardegna delle fabbriche è sempre rimasta un miraggio buono per uno spot elettorale. Il governo sembra avere deciso di gestire le risorse in modo del tutto autonomo. Ma anche la Regione non ha avviato un confronto con il territorio. Non è definito in modo preciso, per scelta politica, quanti fondi arriveranno in ogni regione, ma non è partito neanche un progetto dal basso. Un progetto che parta dal confronto col territorio. Mondo della scienza, università, sindacati, mondo produttivo, associazioni, amministratori, solo per citarne alcuni.

Come investire il tesoro che sta per arrivare nell’isola dovrebbe essere il tema centrale quotidiano in una terra senza servizi, infrastrutture, trasporti, tessuto imprenditoriale forte. Nell’isola mancano gli ingranaggi della macchina produttiva. Solo un’azione illuminata di gestione delle risorse per investimenti chiave potrebbe trasformare il più grande disastro economico e sanitario della storia recente in una opportunità per cambiare l’economia dell’isola per sempre. La politica ora deve ritornare ad avere un ruolo guida nelle scelte, ma che deve nascere dal confronto e non da una scelta verticistica che rischia di lasciare la Sardegna ancora più indietro.

@LucaRojch

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