La Nuova Sardegna

Continuità marittima, una rivoluzione in punta di piedi

Luca Rojch
Continuità marittima, una rivoluzione in punta di piedi

Il patto tra compagnie favorito dal Governo all'insaputa della Regione aiuta a mettere in sicurezza i conti delle società ma non prende in considerazione il diritto dei sardi alla mobilità

04 maggio 2021
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Ingoiata dai flutti del covid, e della tempesta finanziaria che trascina nelle profondità del default la Tirrenia, la continuità marittima non esiste più. O meglio non esiste più nei termini in cui si conosceva. Il governo in silenzio e in accordo con le compagnie di navigazione, l’ha smontata, spacchettata e riassemblata in tante versioni bonsai. Ma gli effetti sono tutti da capire.

In passato la convenzione tra Ministero e Tirrenia, calata dall’alto più di dieci anni fa, individuava un unico gestore per tutte le rotte. Ora le singole tratte vengono divise e messe a bando. E in via sperimentale anche spartite tra le compagnie di navigazione. Qualcosa di impensabile fino a un paio di anni fa. La continuità viene rivoluzionata senza manifesti ideologici, senza annunci, a dire il vero senza neanche spiegarlo in nessun modo. Il ministero ha trovato un accordo con le compagnie. La dimostrazione è nella rotta Civitavecchia-Olbia che da subito sarà gestita insieme da Tirrenia, Gnv e Grimaldi. Una sola nave al giorno a rotazione. E le tre sorelle si spartiranno anche la quota dei 75 milioni di euro che il governo dà alla Cin per coprire le tratte in continuità. Un mese per testare questa santa alleanza. Se tutto funziona sarà riproposta da ottobre, dopo la fine dei 4 mesi di libero mercato. I più ricchi, dove le tre compagnie ritorneranno a essere nemiche, anche se tutte sono unite da un unico scopo. Fare cassa. Perché in tempi di Covid navigare è diventato un lusso per pochi e i conti delle tre società sono finite in sofferenza. Tirrenia dal 6 maggio rischia di essere dichiarata fallita, ma anche su Gnv e Grimaldi il lockdown ha pesato.

Ma ci sono almeno due aspetti di prospettiva che devono essere presi in considerazione al di là del dato di cronaca. Il primo è che il ministero di fatto ha creato un altro modello di continuità territoriale. Lo ha fatto in accordo con le compagnie, anche se non lo ammetterà mai, e lo ha fatto mettendo ancora una volta all’angolo la Regione, che di questo patto non sapeva nulla. Mentre si parlava di indagini di mercato, dello studio di modelli alternativi, si soppesavano i vantaggi di quello corso e di quello spagnolo, la nuova continuità prendeva vita. Tratte messe a bando una per volta, accordo di divisione di sovvenzioni e tratte tra le compagnie. Libertà dei mari nei mesi di maggiore traffico. Con buona pace della Regione che ancora una volta sembra essersi seduta al tavolo di una stanza vuota. Lontano da dove si prendevano le decisioni.

L’altro aspetto è legato a un effetto che nessuno sembra avere preso in considerazione, il diritto alla mobilità dei sardi. Questo modello di continuità, che somiglia molto a quello precedente, non sembra avere come primo punto il miglioramento della qualità dei trasporti, ma sembra più orientato a mettere in sicurezza i conti delle grandi compagnie di navigazione. Nessuno spera in un peggioramento delle condizioni economiche di queste società, solo Tirrenia garantisce 6mila posti di lavoro, ma le leggi del mercato sembrano ancora una volta prevalere sul diritto dei sardi a non essere imprigionati nella loro isola. Forse il governo, in accordo con la Regione, dovrebbe pensare a un modello di continuità che parta dalla tutela dei sardi e garantisca un reale diritto alla mobilità delle persone e delle merci. I trasporti sono il mezzo con cui la Sardegna potrà abbandonare il suo stato di arretratezza strutturale. Perché fino a oggi il mare l’ha separata dall’Europa.

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