La Nuova Sardegna

Gli equilibri postelettorali

Il rebus del nuovo governo in Francia

Nicolò Migheli
epa10041297 French President Emmanuel Macron takes part in a meeting during the first day of the NATO Summit at IFEMA Convention Center, in Madrid, Spain, 29 June 2022. Heads of State and Government of NATO's member countries and key partners are gathering in Madrid from 29 to 30 June to discuss security concerns like Russia's invasion of Ukraine and other challenges. Spain is hosting 2022 NATO Summit coinciding with the 40th anniversary of its accession to NATO.  EPA/Lavandeira Jr
epa10041297 French President Emmanuel Macron takes part in a meeting during the first day of the NATO Summit at IFEMA Convention Center, in Madrid, Spain, 29 June 2022. Heads of State and Government of NATO's member countries and key partners are gathering in Madrid from 29 to 30 June to discuss security concerns like Russia's invasion of Ukraine and other challenges. Spain is hosting 2022 NATO Summit coinciding with the 40th anniversary of its accession to NATO. EPA/Lavandeira Jr

Nessuno dei gruppi raggiunge la maggioranza di 289 per poter governare l'Assemblea

29 giugno 2022
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Un parlamento vittima del “dégagisme” titola le Monde. Il neologismo coniato in Tunisia durante la Primavera Araba, indica quella tendenza politica che ha come obbiettivo la distruzione delle élite senza proporre una modello realmente alternativo. Le elezioni hanno confermato il passaggio dal bipolarismo al tripolarismo: Ensamble!, il partito del presidente ottiene 245 seggi; il rassemblement di sinistra Nupes 133, diventando la maggior forza di opposizione; Rn di Le Pen raggiunge un risultato storico con 89 seggi; Lr/Udi i gollisti, 64 e una gauche di varia origine 20 seggi.

Nessuno dei gruppi raggiunge la maggioranza di 289 per poter governare l'Assemblea. Un risultato così incerto si è visto poche volte da quando esiste la Quinta Repubblica, ma già i critici di quel sistema sottolineano che ha raggiunto il suo limite, che in Francia c'è bisogno di una riforma istituzionale che riavvicini la politica ai cittadini. Il sistema francese non è parlamentare, le altre volte le politiche hanno solo ratificato il risultato delle presidenziali. Si sono avuti anche episodi di cohabitation, ma avveniva di volta in volta tra gollisti e socialisti, due partiti che, in fondo, avevano la stessa idea della Francia. Ora, con le crisi sociali che attraversato l'Esagono, le due formazioni storiche sono quasi scomparse, lasciando spazio a quelle più estreme. Jean-Luc Mélenchon ha avuto il pregio di aver risuscitato la sinistra, di aver tolto alla destra di Le Pen alcune delle rivendicazioni popolari, che non bastano per poter governare. Voleva essere primo ministro, ma forse non ci ha mai creduto anche lui. Per raggiungere l'obiettivo è passato dall'ammirazione verso la Russia alla denuncia dell'aggressione dell'Ucraina. Per Macron delusione su delusione, alcuni dei suoi ministri non sono stati eletti. Ora fare un governo diventa complicato. Ci sarebbero i 64 seggi dei gollisti con i quali poter raggiungere la maggioranza, ma questi hanno già detto che non vogliono fare la ruota di scorta di Ensamble! Eppure è l'unica possibilità. A meno che, non ci sia una trattativa con socialisti e verdi eletti con Nupes e che avranno gruppi propri. Però tutte le componenti politiche di opposizione rimproverano a Macron la sua arroganza. Non sarà facile, anche se l'ipotesi prevalente è quella di un'alleanza tra le due forze di centro-destra. Un governo non diverso da quello attuale. L'instabilità francese, un presidente senza maggioranza certa, avrà un peso nelle vicende europee. Macron nel dopo Merkel si era confermato come suo erede nella leadership dell'Unione Europea. Oggi più che mai con la debolezza di Sholz e dei tedeschi in generale. Paradossalmente se Draghi avesse dietro di sé un parlamento meno litigioso, un Paese più coeso senza il debito che lo soffoca, avrebbe delle ottime carte per essere il leader con maggiori possibilità della Ue. È vero che la politica estera della Francia è prerogativa presidenziale, ma le vicende interne finiranno per condizionarla. I progetti di riforma degli statuti, di un'Europa a velocità variabile sui vari dossier ne soffrirà. A cominciare dalla postura comune sulla guerra in Ucraina, sulle risorse energetiche, sulla difesa comune. Sul fronte della guerra, ogni posizione che cerca una terza via potrebbe cedere il passo alla durezza dei Paesi dell'Est, lasciando spazio agli Usa e al Uk. Il Regno Unito, con la guerra sta trovando la sua modalità di creare un'area d'influenza su quei Paesi del Trimarium, nonostante la Brexit. Qualche analista arriva a prevederne l'uscita dalla Ue per costituire un'area di libero scambio. Prospettiva irrealistica, dovrebbero rinunciare ai fondi che elargisce Bruxelles. Londra non può sostituire la Ue. Però analisi come queste, dimostrano che il confine tra il successo di un'idea e il suo fallimento è molto labile. Fino a quando la Ue non si doterà di un governo federale, il ruolo dei grandi Paesi resterà insostituibile.

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