La Nuova Sardegna

Il dibattito

Libertà è anche scegliere come morire

Eugenia Tognotti
Libertà è anche scegliere come morire

07 agosto 2022
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L’inerzia del Parlamento, l’incompiutezza normativa sul fine vita e il diritto negato, ancora una volta, di non espatriare per morire con dignità, accanto alle persone amate. Dubito che sia arrivata alle forze politiche – impegnate nell’arruffata e convulsa trattativa per le alleanze elettorali – l’implicita denuncia contenuta nel lucido e straziante testamento affidato ad un video da una malata oncologica terminale, Elena.  

Dalla stanza d’ospedale di una città straniera, Berna, a centinaia di chilometri di distanza da casa sua, ha raccontato con voce flebile di essersi trovata ad un bivio. Il suo caso non rientra infatti tra quelli compresi nella sentenza della Corte costituzionale del 2019 che depenalizza di fatto il suicidio assistito. Ma solo in presenza di alcune condizioni (che introducono problemi medico-sanitari e discriminazioni tra pazienti): se il malato è capace di prendere decisioni libere e consapevoli; se soffre di una patologia irreversibile e fonte di insopportabili sofferenze fisiche o psicologiche. E, ancora, se è tenuto in vita a mezzo di trattamenti di sostegno vitale (ventilazione meccanica , nutrimento artificiali, altri).

La signora – che aveva fatto ricorso a tutte le cure disponibili - non era ancora in questo stadio. Per aver diritto al suicidio medicalmente assistito in Italia avrebbe dovuto percorrere un altro tratto del calvario. Di fronte aveva un pugno di mesi da vivere e la prospettiva di non essere in grado di respirare autonomamente, minacciata dalla sensazione di soffocamento. La sua difficilissima scelta - maturata insieme alla famiglia – era stata quella di porre termine alla sua vita, prima che lo facesse la malattia. Perché in pieno XXI secolo - nonostante i poderosi progressi della scienza oncologica e delle armi terapeutiche messe in campo in questi anni – continua ad essere “L’Imperatore del male”, per riprendere il titolo di un libro che ha meritato il premio Pulitzer , scritto dall’oncologo Siddhartha Mukherjee. Le ha risparmiato la discesa negli inferi, accompagnandola in Svizzera, dove le è stato possibile procurarsi la morte medicalmente assistita, il tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni, Marco Cappato . Che ieri è entrato in a stazione dei carabinieri, a Milano, e si è autodenunciato, come aveva fatto dopo aver accompagnato in una clinica svizzera Fabiano Antoniani, noto come dj Fabo, paralizzato e cieco dopo un grave incidente. Per la legge italiana, pur rimaneggiata e ritagliata dalla Corte costituzionale nel 2019, l’aiuto a quella paziente padovana continua, infatti, a rappresentare un reato nella perdurante omissione del Parlamento, venuto meno al suo ruolo. Sono passati tre anni da quando la questione della legittimità costituzionale dell’art. 580 - che criminalizzava l’aiuto o istigazione al suicidio - è stata sollevata dalla Corte di Assise di Milano durante il processo a Cappato, imputato di quei reati dopo la vicenda di DJ Fabo. Quell’articolo del Codice penale, emanato in pieno regime fascista, nel 1930, intendeva tutelare il bene della vita, ignorando o violando la volontà del titolare. Era una concezione dalla quale derivavano anche le norme relative all’aborto, considerato un delitto contro l’integrità della stirpe, e quelle sullo stupro, un’offesa alla moralità pubblica. È persino inutile soffermarsi sull’incoerenza con l’impianto dei valori su cui si basa il nostro ordinamento costituzionale. In particolare, con alcuni articoli della Costituzione: l’articolo 2 (“La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo”); l’articolo 3 sulla libertà personale; l’articolo 32 (“Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge.

La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”). I principi costituzionali e la Convenzione europea dei diritti dell’uomo riconoscono all’individuo la libertà di decidere quando e come morire. E una libertà che garantisce a tutti di poter scegliere è l’unica alternativa alla coercizione.
 

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