La Nuova Sardegna

Territori in allarme

I sindaci ora spingano la Regione

di Luca Rojch
I sindaci ora spingano la Regione

La Regione deve guidare la rivolta di territori fiaccati da due anni di covid e dalla crisi economica

05 gennaio 2023
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Nella catatonica sonnolenza della politica sarda la riunione di Sassari ha il profumo della rivoluzione. Il fronte dei sindaci, da Oristano in su, ha una forza deflagrante che non deve essere sprecata. Oltre 100 primi cittadini che rappresentano metà dell’isola e con la loro presenza fanno capire il profondo senso di solitudine dei Comuni della Sardegna. Non solo l’emergenza continuità e la questione Alghero. Nell’adesione massiccia con la fascia tricolore a tracolla i sindaci hanno ribadito come l’isola, e in particolare il centro nord, senta l’abbandono come condizione esistenziale. Comunità senza strade, senza medico, senza servizi base, senza collegamenti. In molti paesi sono andati via anche i carabinieri.

Il sindaco ci mette la faccia, ma dietro di sé le istituzioni non ci sono. Non c’è lo Stato, non c’è la Regione, e non c’è più neanche la Provincia, che la furia poltronoclasta ha spazzato via. Deve rispondere ai cittadini dell’assenza dello Stato dal territorio e proprio per questo ha il sostegno e la fiducia dei cittadini. Nella riunione convocata con merito e felice intuizione dal commissario della Provincia Pietrino Fois i sindaci hanno riscoperto la loro forza. Tutti insieme diventano una massa critica che possono diventare la spina dorsale e il centro neuronale di un cambiamento nella politica sarda. Il partito dei sindaci, che sembrava a un passo dalla nascita nelle precedenti Regionali, sembra ritrovare forza. Una forza per ora inconsapevole. Ma la capacità di rappresentare le esigenze dell’isola dell’assessore ai Trasporti Antonio Moro, con alle spalle i primi cittadini della metà dell’isola, diventa maggiore nelle stanze romane, anche se la soluzione della vertenza Alghero sembra non essere semplicissima. Il governo continua ad agitare la carta bollata dell’Ue e i suoi divieti. L’ultimo riguarda l’impossibilità di fare una procedura di emergenza per una rotta che di fatto è stata gestita dai vettori senza compensazioni. L’Europa sembra dire: se qualcuno lo faceva gratis fino a oggi si può fare. E forse su questo la gestione della Regione della rotta di Alghero nell’ultima rabberciata proroga della Continuità non è stata brillante. Ma davanti a un governo che balbetta il governatore Christian Solinas dovrebbe far sentire la voce della Regione e dei sindaci di un territorio che si sente abbandonato dallo Stato. La protesta per la precarietà e l’incertezza della continuità territoriale aerea è solo una delle tante rivendicazioni di una fetta importante di Sardegna, che mette insieme zone interne che si spopolano, aree post industriali in cerca di identità, territori a trazione turistica zavorrati da infrastrutture inadeguate. La Regione dovrebbe guidare la rivolta di territori fiaccati da due anni di covid e da una crisi economica che ha amplificato il gap dell’isola dal resto dell’Europa. Gap che il principio di insularità, lasciato senza risorse economiche, sembra incapace di colmare. Il primo confronto deve proprio avvenire sulla continuità aerea, per dare certezze ai sardi. È indispensabile creare un nuovo modello che garantisca il diritto alla mobilità dei sardi. Un modello che faccia finire lo scontro perenne con Bruxelles e riconosca lo status di territorio svantaggiato alla Sardegna. Il governatore non può ignorare la richiesta che arriva da metà dell’isola, ma che riguarda tutti i sardi, il loro presente e il loro futuro.

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