La Nuova Sardegna

Imprese a rischio

Il superflop dello stop al superbonus

di Vanessa Roggeri
Il superflop dello stop al superbonus

L’ingranaggio è ormai inceppato già da parecchi mesi e rischia di mandare in fallimento 25 mila imprese e creare seri danni a 90 mila cantieri

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Il Paese specializzato nelle tarantelle politiche e burocratiche ancora una volta si dimostra privo del senso del ridicolo. Superbonus edilizio sì, anzi no, anzi forse. Questo avanti e indietro poco “edificante” (nonostante la materia in oggetto) si è protratto per oltre due anni.

E tuttavia, sull’onda di inusuali entusiasmi, frenate improvvise, ripartenze e nuove titubanze, per un biennio l’incentivo di Stato è riuscito comunque a sostenere la ripresa di un settore che conta un milione e 300 mila addetti, in forte crisi dal 2008 e depresso ulteriormente dallo shock pandemico e dall’impennata dei prezzi dei materiali (fino a +40%) dovuta alle speculazioni conseguenti allo scoppio della guerra in Ucraina. Quindi l’edilizia pare sia risorta grazie ai Bonus – addirittura +20% nel 2021 e +12% nel 2022 – un incredibile boom di cantieri edili, ne hanno parlato tutti i telegiornali, ma dovevamo immaginare che prima o poi le disfunzioni di un sistema troppo bello per essere vero lo avrebbero fatto crollare sotto il peso della propria inattuabilità. Il Paese delle tarantelle lotta contro la propria schizofrenia nel momento in cui mette in moto una macchina basata sui Bonus che vale miliardi sapendo forse in cuor suo di non poterla sostenere; il governo successivo prosegue a testa bassa e addirittura conferma l’opzione dello sconto in fattura per i lavori edili, un saldo quindi immediato che cade come manna dal cielo per imprese e famiglie. Con il governo attuale cambia la musica: calcolatrice alla mano, ci si rende improvvisamente conto che l’Italia non può permettersi tanta generosità, perciò, in un tentativo estremo di salvare capra e cavoli, con il D. L. n. 11 del 16 febbraio decreta lo stop allo sconto in fattura, mette al sicuro chi già ha avviato i lavori o ha presentato la documentazione, e acconsente solo alla cessione del credito nella dichiarazione dei redditi. In pratica si potrà sfruttare il credito per farsi ridurre le imposte dovute, spalmato tuttavia in diversi anni.

La scelta di ridimensionare gli incentivi edilizi, ci informa la presidente del consiglio Meloni, serve a fermare i truffatori che hanno approfittato del Superbonus per frodare allo Stato 6 miliardi, e mettere in sicurezza i conti pubblici; insomma, se si pagassero i Bonus non rimarrebbero in cassa denari sufficienti per nessun’altro progetto. Peccato che nel frattempo non si sia parlato abbastanza del fatto che l’ingranaggio è ormai inceppato già da parecchi mesi e rischia di mandare in fallimento 25 mila imprese e creare seri danni a 90 mila cantieri. L’associazione nazionale dei costruttori è da ottobre che denuncia il blocco dei rimborsi già in corso (crediti riferiti al Superbonus per 15 miliardi), nonché procedure lente e farraginose. La solita burocrazia assassina pensata male e realizzata peggio. Chi non ha mai avuto a che fare con il lavoro nel campo dell’edilizia non può capire quanto la vita di un’impresa sia appesa a un filo, quanto sia logorante proprio perché si lavora quasi sempre in debito con le banche, muovendo ingenti cifre che devono per forza rientrare entro termini precisi. Se guadagni o rimborsi si bloccano, come sta accadendo, è la fine.

L’allarme lanciato dalle associazioni di categoria, ossia il pericolo di un affossamento delle imprese, è purtroppo una concreta e funesta possibilità. Bonus sì, anzi no, anzi forse, chissà. Lo Stato promette e non mantiene, brinda alla ripresa di un settore traino dell’economia, e poi ritratta, lamentando 6 miliardi di maledette truffe rese possibili dalla sua stessa incuria nei controlli. Sui cittadini onesti, così come sulle imprese diligenti, non dovrebbero ricadere le conseguenze di uno Stato che non è stato capace di garantire la legalità. Di sicuro, se le carte in tavola non cambieranno ancora, non aspettiamoci che la ripresa continui anche nel 2023: solo gli stolti si arrischierebbero nel mare periglioso dei Bonus italiani.

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