Devianze e disagio giovanile

Deserto educativo, occorrono nuovi strumenti sociali

di Giampaolo Cassitta
Deserto educativo, occorrono nuovi strumenti sociali

Occorre un progetto a lungo termine, inasprire le pene non serve

10 settembre 2023
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Dove abbiamo sbagliato? Perché ci troviamo davanti ad un deserto di sentimenti, a una sequela di cinismo?Perché davanti ad atti terribili la risposta è un decreto che intende risolvere, quasi magicamente, problematiche incancrenite da decenni? Essere emotivi quando si devono tracciare linee sociali e giuridiche è pericolosissimo e la scelta di questo governo risponde alla famosa “pancia” del paese che spera in interventi tutti carcere e sicurezza. In nessun paese al mondo la devianza minorile si è risolta con qualche articolo di legge.

Il governo sceglie la strada di repressione, con un pacchetto che prevede multe, divieti e anche la possibilità di arresto per i genitori che si rifiutano di mandare i figli a scuola. E ancora: contro lo spaccio di droga il divieto di accesso e di avvicinamento ai locali pubblici, l’ammonimento del questore per i minori tra i 12 e 14 anni che commettono delitti per i quali è prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a 5 anni. Il questore potrà anche vietare ai minori di possedere o utilizzare telefoni cellulari. Sulla prevenzione e sulla visione generale del problema le misure sono praticamente nulle. La procuratrice Luisella Fenu ha posto l’accento su un problema fondamentale: rieducare il minore valorizzando l’azione dei servizi sociali che, anche in Sardegna, sono carenti. Gli episodi che coinvolgono i soggetti giovanissimi come spaccio di droga, atti persecutori e maltrattamenti in famiglia sono, nell’isola, in costante crescita. Non c’è un allarme sociale, ma è giunto il momento di porsi qualche domanda che provi a superare l’emotività del momento e lavori, invece su quello che la procuratrice chiama «comportamento sbagliato radicato in un contesto familiare disagiato e dotato di scarso senso civico».

Il modello di famiglia è superato da un pezzo, il modo di “fare” i genitori ha necessità di un tagliando sociale, di una tela nuova, di altri fraseggi, di nuove soluzioni. Non possiamo più dire che tutto questo ci crea orrore, che siamo diventati peggio dei lupi – e i lupi, a dire il vero, non violentano e sparano a nessuno – perché questo palcoscenico e questi attori sono il nostro prodotto, sono il nostro voler sistemare le cose in maniera spiccia, risolutiva, pragmatica. Gli adolescenti sono degli assetati che si abbeverano alla fontana degli adulti. Ascoltano e registrano, utilizzano le nostre movenze, imparano a muoversi con i nostri gesti e diventano il prodotto della fabbrica “famiglia”, quella che va alle partite di calcio e litiga per uno scontro tra ragazzini, che insulta e denuncia i docenti o ricorre al tribunale per una sonora bocciatura del proprio figlio.

È un processo lungo, complesso, che non può partire da un semplice divieto all’uso del dispositivo cellulare, ma dovrebbe cominciare con lo spiegare l’importanza sociale e positiva di quello strumento. Davanti a questo deserto educativo occorrono strumenti sociali nuovi: si investa sulla scuola e non sulle prigioni, sul senso civico, sui servizi sociali che siano in grado di formalizzare un percorso davvero virtuoso per il minore. Si scommetta sull’inserimento temporaneo nelle comunità e si trovino i finanziamenti per farle funzionare in maniera professionale. Nel decreto mi sarei aspettato l’assunzione di assistenti sociali, educatori di strada, psicologi, persone in grado di modificare la retorica narrazione di “Dio, Patria e famiglia”. In Sardegna e soprattutto nel sassarese servono più comunità. La giunta regionale cominci a lavorare su questo progetto. I frutti si vedranno negli anni e anche se non pagano come visibilità politica del “qui ed ora” renderanno un gran bel servizio al futuro dei nostri figli.

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