La Nuova Sardegna

Guerra in Medio Oriente

Hamas-Israele, violenza oltre ogni limite e destinata a crescere

di Rodolfo Ragionieri *
Rodolfo Ragionieri
Rodolfo Ragionieri

11 ottobre 2023
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L’attacco di sabato 7 ottobre di Hamas e del movimento del jihad islamico ha avuto un’efficacia e una brutalità tali da costituire un «sisma politico-securitario». Così lo ha definito il politologo israeliano Ilan Greilsammer, pari se non superiore a quello della guerra del 1973, iniziata con un attacco di sorpresa egiziano e siriano contro Israele. Lo stato di non soluzione del conflitto israelo-palestinese ha fornito il terreno propizio per questa operazione. Lo storico ed ex diplomatico israeliano Elie Barnavi ha scritto su Le Monde che «l’attacco di Hamas risulta dalla congiunzione di una organizzazione islamista fanatica e di una politica israeliana imbecille (sic!)».

Hamas ha infatti sempre contrastato una soluzione diplomatica del conflitto, e non soltanto nelle dichiarazioni programmatiche della sua Carta fondante. Già infatti negli anni ’90 sabotò il processo di pace in atto con una serie di attentati terroristici suicidi che poi facilitarono la campagna securitaria di Netanyahu e la sua vittoria alle elezioni del 1996. Dall’altra parte, però, le questioni in ballo sembrano riguardare problemi di egemonia nel Medio Oriente e tra i paesi arabi che parevano a un certo punto essere scomparse.

Lo scontro fondamentale e pluridecennale è quello tra Iran e Arabia Saudita, che inizia subito dopo la rivoluzione islamica del 1979 con l’attacco iracheno all’Iran che dette inizio alla lunga e sanguinosa guerra Iran-Iraq (1980-1988), in cui si inserisce successivamente la prospettiva di politica estera dell’attuale presidente turco Erdogan. Questo conflitto si è sviluppato mediante l’appoggio delle due potenze del Golfo ad attori a loro vicini in vari teatri di conflitto, come la guerra civile in Yemen e in Siria, i contrasti di natura politica in Libano o in Iraq.

In questo momento il grande pericolo per l’Iran era costituito dalle trattative in corso per l’adesione saudita all’asse della “pace di Abramo” conclusa nel 2020 sotto gli auspici del genero di Trump, Kushner, tra Israele da una parte, Marocco, Emirati Arabi Uniti e Bahrein dall’altra. Il saldarsi di un allineamento filoamericano dal Golfo all’Atlantico avrebbe neutralizzato in modo consistente le mire egemoniche di Teheran. Da qui la assai probabile cooperazione e assistenza militare iraniana al regime di Gaza.

La reazione israeliana, che si prospetta dura e spietata, renderà, o forse ha già reso, impossibile la conclusione della manovra diplomatica saudita. Si ripresenta così, ancora nella forma di tragedia, l’utilizzazione strumentale della questione palestinese e delle organizzazioni palestinesi che aveva caratterizzato la politica mediorientale negli anni ’70 e ’80, quando Siria, Iraq e paesi filo-occidentali si sfidavano reciprocamente anche aizzando i conflitti talvolta violenti tra fazioni palestinesi, o spingevano verso azioni di stampo terroristico o guerrigliero contro Israele volte a dimostrare la fedeltà alla parola d’ordine thawra hatta an-nasr, rivoluzione fino alla vittoria, e quindi la superiorità del proprio sponsor politico e ideologico.

Qui va visto il senso “palestinese” dell’azione di Hamas: il tentativo di qualificarsi come unico possibile polo di convergenza per quelle organizzazioni armate che rifiutano la via diplomatica e spesso rilanciano l’idea di una Palestina «dal fiume (Giordano) al mare».

Chi mi conosce sa che ho sempre sostenuto con lo studio e l’impegno pubblico i diritti dei palestinesi e una soluzione pacifica del conflitto mediante la soluzione di due Stati (sempre più difficile sul terreno). Mi sento però di dire che il livello di violenza fine a se stessa raggiunto da Hamas in questa azione è andato oltre ogni limite. La reazione israeliana ci sarà e sarà durissima, si verificherà probabilmente un’escalation della violenza e sia israeliani che palestinesi pagheranno un costo elevato in vite umane.

* Professore di Relazioni internazionali all’Università di Sassari (Scienze politiche) dal 2001 al 2022
 

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