La Nuova Sardegna

Crollo demografico

Ripartiamo da donne maternità e diritti

di Antonietta Mazzette
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Gravidanza   Le cellule staminali del cordone ombelicale Un'immagine simbolo della maternita'
. Gravidanza Le cellule staminali del cordone ombelicale Un'immagine simbolo della maternita'

Il declino colpisce tutta l’Italia, ma la Sardegna in particolar modo

20 dicembre 2023
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Ha ragione il professore Breschi a dire che bisogna coltivare un sogno che ci aiuti a uscire da questo declino demografico. Declino che colpisce tutta l’Italia, ma la Sardegna in particolare. Un sogno assai concreto che dovrebbe maturare anzitutto in chi ci governa, ma che dovrebbe attraversare tutta la società, contaminandola tanto a livello culturale, quanto a livello dei comportamenti e delle scelte di quali dovrebbero essere le priorità. Parto da condizioni molto concrete in cui vive la maggior parte delle donne, limitandomi a porre degli interrogativi che riguardano il lavoro, i servizi, l’organizzazione complessiva degli insediamenti urbani.

Quanto è agevole per le donne avere un’occupazione di qualità che non consideri la maternità un impedimento? Un vecchio interrogativo che, ahimè, si adegua ai tempi, ma che si ripropone in molti ambiti lavorativi, nonostante l’Italia vanti una delle legislazioni di tutela della maternità più avanzate del mondo. La verità è che, al fondo, c’è un’inespressa propensione a considerare una iattura avere lavoratrici che potrebbero allontanarsi per periodi più o meno lunghi dal lavoro per occuparsi dei figli, oltre i canonici cinque mesi.

E questo mi porta a un secondo quesito: quanti sono i padri che in Italia si prendono delle lunghe aspettative per occuparsi dei figli? In Paesi non lontani geograficamente dal nostro ci sono dei vincoli stabiliti per legge oltre che per scelta culturale, in Italia registriamo tra i giovani qualche elemento positivo in questo senso, ma siamo ancora troppo lontani dall’idea che la cura sia un affare anche degli uomini, e questo non riguarderebbe solo i bambini, ma anche i genitori sempre più anziani. Non è un caso che nello scorso anno ben 44mila donne abbiano lasciato il lavoro perché non riuscivano più a conciliare la loro vita privata con quella lavorativa.

Quanto sono adeguati i servizi presenti nel territorio che effettivamente siano un supporto alla famiglia nell’arco di tutta la giornata? Sappiamo che anche quando ci sono, senza il sostegno di una rete famigliare allargata (a partire dai nonni), è praticamente impossibile poterne usufruire, soprattutto per gli elevati costi, oltre che per la scarsa copertura delle esigenze famigliari.

E ancora, l’organizzazione delle città è pensata per accogliere i bambini? Basta dare un’occhiata superficiale a qualunque spazio aperto per escludere questa possibilità: un po’ ovunque prima vengono le automobili, poi tutto il resto. E quindi non stupiamoci se le culle qui stiano diventando un bene raro. In Sardegna la situazione è più grave per le diverse e note ragioni strutturali di debolezza cronica e perché vivere nella nostra isola è assai difficile per tutti: è complicato trovare un lavoro, è complicato accedere ai servizi (sanitari in primis), è complicato muoversi, è complicato svolgere una qualunque attività creativa se non è inscritta nelle regole del consumo, e così via.

Ma coltivare un sogno, significa anzitutto rovesciare la prospettiva su cui per decenni abbiamo fondato le nostre certezze, significa anche che, senza una buona società fondata su diritti, relazionalità e vicinanza, la maternità non potrà mai acquisire un valore sociale, oltre quello individuale. Significa inoltre investire denaro in formazione e in strutture ripensate e proiettate verso l’accoglienza dei più giovani e dei meno giovani, e non solo di quelli nati nella nostra terra. Insomma, significa investire in qualità della vita, con al centro la persona, a partire dalle donne. Ma questo è, per l’appunto, un sogno.

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