La Nuova Sardegna

Oristano

Occupazione dell’isola di Mal di Ventre, Meloni condannato

Occupazione dell’isola di Mal di Ventre, Meloni condannato

Doddore Meloni è stato condannato a un anno e otto mesi per l’occupazione dell’isola di Mal di Ventre. Condannati anche altri due indipendentisti

11 giugno 2012
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ORISTANO. Si è concluso con tre condanne e tre assoluzioni il processo contro l’indipendentista di Terralba Salvatore Meloni e altri cinque imputati finiti sotto accusa per una serie di reati ambientali commessi nell’estate del 2008 durante l’occupazione dell’isola di Mal di ventre seguita alla proclamazione della Repubblica indipendente di Malu Entu. La pena più pesante - un anno e otto mesi di reclusione - è stata inflitta proprio a «Doddore» Meloni, che si era autoproclamato presidente della Repubblica di Malu Entu. Il giudice Francesco Mameli lo ha ritenuto colpevole delle accuse di occupazione di suolo pubblico e privato e di costruzione abusiva in area tutelata come bene paesaggistico. Per gli stessi capi d’accusa sono stati riconosciuti colpevoli, e condannati a un anno e due mesi di reclusione, anche il «ministro degli esteri» della Repubblica di Malu Entu Felice Pani e il «ministro dell’Agricoltura» Sandro Mascia.

Meloni, Pani e Mascia sono stati invece assolti, per non aver commesso il fatto, dalle accuse di aver danneggiato la macchia mediterranea per procurarsi legna da ardere e di smaltimento illecito di rifiuti. Assoluzione con formula piena da tutte le accuse per gli altri tre imputati: il «ministro delle Finanze» Alessandra Meli, Paolo Peddis e Francesco Cascili. Meloni, Pani e Peddis sono stati condannati anche al risarcimento dei danni in favore della «Società Turistica Cabras» (proprietaria dell’isola) e del WWF Sardegna, che si erano costituiti parte civile, respingendo però le richieste di provvisionale avanzate. La difesa - l’avvocato Cristina Puddu per Meloni, Pani, Mascia, Peddis e Meli e l’avvocato Pinuccio Motzo per Francesco Cascili - avevano chiesto l’assoluzione con formula ampia sostenendo la natura politica dell’indagine che aveva portato alla incriminazione dei propri assistiti.

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