Ardia, 2mila cartucce caricate dai fucilieri
SEDILO. Una trentina di volontari all’opera e duemila munizioni confezionate a mano: sono i numeri associati alla carica delle cartucce, uno dei rituali che preludono all’Ardia. La preparazione è...
SEDILO. Una trentina di volontari all’opera e duemila munizioni confezionate a mano: sono i numeri associati alla carica delle cartucce, uno dei rituali che preludono all’Ardia. La preparazione è demandata all’associazione Fusileris de Sedilo, che ha svolto metà del lavoro domenica e affronterà il resto il 10 luglio. Nelle tre rappresentazioni della battaglia di Ponte Milvio saranno sparate complessivamente 17mila munizioni, di cui 13mila durante la corsa equestre. La suddivisione dei compiti rimanda al meccanismo della catena di montaggio: alcuni uomini approntano i bossoli e i detonatori, un altro gruppo dosa la polvere da sparo, inserisce il cartoncino divisorio e passa il manufatto grezzo ai fucilieri incaricati di riempire il cilindro con della polenta. Con l’ausilio di una manovella viene poi arrotondata l’estremità della cartuccia e fissata un’altra tessera per trattenere il materiale all’interno. Un procedimento laborioso, nel quale i fucilieri continuano a cimentarsi a dispetto della comodità offerta dalla produzione industriale. «Realizziamo a mano una parte delle munizioni per mantenere viva la tradizione», ha spiegato Salvatore Pisanu, a capo dei settanta Fusileris di Sedilo. Per loro il compito più gravoso deve ancora arrivare. Da sempre componente fondamentale dell’Ardia, negli ultimi anni sono stati investiti, alla stregua dell’associazione Santu Antinu, della responsabilità del servizio d’ordine. «Tra i nostri compiti, c’è anche impedire i comportamenti degli spettatori che non rispettando le regole mettono in pericolo se stessi e gli altri, ha ricordato Pisanu. «È uno di quei motivi per cui l’associazione si è costituita – gli ha fatto eco Pietro Carta – organizzare un vero e proprio servizio d’ordine, anziché agire in ordine sparso, ci ha permesso di farci ascoltare di più e di evitare le transenne».
Maria Antonietta Cossu