La Nuova Sardegna

Oristano

Simaxis, sotto sequestro il cantiere all’amianto

di Simonetta Selloni
Simaxis, sotto sequestro il cantiere all’amianto

Il Gip del tribunale di Oristano ha bloccato l’area del cavalcaferrovia Rfi sulla 388 La misura arriva a oltre un anno dalla denuncia dell’impresa aggiudicataria

26 settembre 2017
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SIMAXIS. Il Gip del tribunale di Oristano Silvia Palmas ha disposto il sequestro preventivo del cavalcaferrovia lungo la Statale 388, in un’area che ricade nei territori dei comuni di Simaxis e Oristano. Il provvedimento che dispone il sequestro è del 22 settembre scorso ed è stato eseguito ieri i carabinieri di Simaxis. L’atto è stato notificato anche a Rete ferroviaria italiana, proprietaria del terreno e responsabile della bonifica in un’area contaminata. Che lo sia, lo ha certificato anche l’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente della Sardegna sulla base dell’accertamento tecnico preventivo richiesto al tribunale di Cagliari dalla Cidieffe di Colico, la ditta appaltatrice dell’appalto. La presenza di materiali pericolosi e inquinanti, e comunque ben diversi dai residui di cava che Rfi aveva indicato nell’area cantiere, era stata segnalata proprio dalla Cidieffe già dal giugno dello scorso anno sia a Rfi, che ai carabinieri. In particolare era stata segnalata la presenza di manufatti in amianto. Ma a questa segnalazione non era seguito alcun provvedimento, se non la risoluzione del contratto da parte di Rfi, alla quale l’impresa aveva chiesto una variante alla luce del ritrovamento degli altri materiali, amianto compreso. Della situazione di quel sito, la stessa impresa aveva dato notizia ai diversi soggetti istituzionali che si occupano di ambiente e sicurezza: Asl, Ufficio del lavoro, Arpas, Carabinieri (tra i quali i militari del Nucleo operativo ecologico). Anche la Procura è stata informata, attraverso ben due esposti: uno della Cidieffe e uno dell’Associazione regionale ex esposti amianto. Ma nessuno finora aveva messo sotto sequestro il cantiere.

A certificare le presenza dei materiali pericolosi era stata la relazione del consulente tecnico, richiesta da Cidieffe e avversata da Rfi. La indagini avevano «confermato, sia nell’area delimitata dal nastro, sia al di sotto del piano di lavoro per la realizzazione dei jet-grouting, per una profondità ulteriore di un metro, la presenza di materiali non assimilabili a terre e rocce di scavo e classificabili come rifiuti pericolosi contenenti amianto. L’accertata presenza di materiali non assimilabili a terre e rocce di scavo, classificabili come rifiuti pericolosi contenenti amianto, non essendo stata prevista in progetto, non consente la prosecuzione dei lavori secondo le previsioni progettuali».

Quel cantiere ora è formalmente sotto sequestro. L’esposto alla magistratura, attraverso il procuratore della Cidieffe, ingegner Rolando Crespi, ha dato origine all’inchiesta della Procura. I lavori sono fermi da tempo, ma per effetto del contenzioso che si instaurato tra committente e appaltatore. L’impresa ha avuto il cantiere nella sua disponibilità fino al 5 settembre scorso, quando è stato formalmente restituito a Rfi. Un atto conseguente alla redazione dello stato di consistenza dei lavori, compiuto dallo stesso consulente tecnico del Tribunale.

Ora c’è un provvedimento formale che impone la bonifica dell’area. Un’area compromessa, questo è ormai chiaro. Ci sono diverse tipologie di rifiuti anche pericolosi, e bisognerà andare – se si darà un senso a quanto stabilito dalla consulenza e quindi ratificato dall’Arpas – più giù del metro del piano lavori. Tonnellate di rifiuti, il cantiere insiste su una vecchia discarica. Quanto costerà la bonifica, è un altro problema rilevante. Così come bisognerà valutare quanto tempo occorrerà per farla. Intanto, è trascorso quasi un anno e mezzo dalla prima segnalazione della presenza di rifiuti pericolosi,

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