La Nuova Sardegna

Oristano

La speranza: «E adesso vorrei vedere mia figlia»

La speranza: «E adesso vorrei vedere mia figlia»

Da cinque anni non si può avvicinare alla piccola: «Mi saluta da lontano, non posso parlare con lei»

16 giugno 2018
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ORISTANO. In vicende del genere il dramma non abbraccia una sola persona. Non compare mai, non rilascia interviste né viene coinvolta in dichiarazioni, ma questa vicenda ha almeno un’altra vittima. È giovane, magari sarà capace di dimenticare in fretta, ma è impossibile pensare che tutto venga lavato dallo scorrere del tempo. Aveva cinque anni e mezzo quando tutto iniziò, in autunno ne compirà dodici. È la figlia della coppia, la quale nel frattempo è cresciuta senza il padre. «Sulla base delle accuse che mi venivano mosse – racconta lui – il tribunale dei minori decise che non potevo avvicinarmi alla bambina. Dal 2011 io non posso parlare con lei e rispetto il provvedimento. Nemmeno al termine del processo di primo grado, quando era arrivata la prima assoluzione, i giudici hanno acconsentito affinché io potessi vederla».

La seconda sentenza diventa il giusto spunto per presentare una nuova istanza – gli avvocati agiranno nella prossime settimane – che annulli il precedente divieto. Intanto però i giorni passano. «L’ho lasciata che aveva cinque anni, la ritroverò che ne avrà dodici. So che non mi odia, so che mi vuole bene perché, quando mi capita di incontrarla in paese e io sono in macchina, vedo da lontano che prepara la mano per salutarmi. Anch’io la saluto con la mano, ma non posso fermarmi. Si chiederà perché non mi avvicini a lei, ma ora è già grande e magari ha capito. Chissà cosa pensa? Desidera più di un saluto, lo vedo».

Ma ovviamente adesso, dopo anni in cui il tempo si è fermato, c’è anche da pensare a un futuro assieme. «Sarà dura soprattutto all’inizio – racconta il padre –, Devo iniziare da zero e non so come potrà ripartire il nostro rapporto. Abbiamo affrontato tutto questo sino a qui, affronteremo anche il resto». E poi lo sguardo al passato: «Ricordo le notti insonni da innocente con la paura che la macchia diventasse indelebile. Avrei preferito un’accusa di omicidio». (e.c.)

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