La Nuova Sardegna

Oristano

All’assalto di senegalesi e rom

di Enrico Carta
All’assalto di senegalesi e rom

Denunciati tredici ragazzi, di cui sei minorenni. Lanciavano petardi e oggetti contro le case

28 settembre 2018
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ORISTANO. I novelli e odiosi Giamburrasca si divertivano nelle notti estive. Per quattro volte hanno preso di mira le case di via Aristana in cui vive una piccola comunità senegalese, l’ultima volta hanno invece cambiato percorso e, sarà un caso?, si sono fermati per compiere la loro bravata in via Rockefeller nel complesso in cui abitano famiglie rom. Un po’ di chiasso, il lancio di oggetti, lo scoppio di petardi e poi l’attesa imperdibile per vedere che reazione avrebbero avuto i bersagli della loro poco ardua impresa.

I tredici del dopo cena. Erano tredici, numero infausto, e infatti sono stati denunciati. Sette di loro sono maggiorenni, sei non hanno ancora compiuto i diciotto anni. Il Più grande ha già spento ventidue candeline sulla torta, il più piccolo appena quindici. Uno solo ha dei trascurabili precedenti penali, tutti sono studenti, fattore che li accomuna al pari del fatto che provengono da famiglie che non conoscono situazioni di disagio: sono figli di professionisti, di impiegati, di commercianti, di chi non ha problemi se non quelli di trovare qualcosa di emozionante da fare. Annoiati? Forse non è il termine giusto per definire il sentimento che ha mosso i loro animi, ma evidentemente andare a lanciare oggetti, petardi e frutta contro le case di senegalesi e rom faceva palpitare i loro cuori.

L’indagine e le denunce. A proposito di palpitazioni e sussulti ne devono avere avuti parecchi nel momento in cui gli agenti della Digos coordinati dal dirigente Vincenzo Valerioti li hanno individuati, convocati in Questura e quindi denunciati chi alla procura oristanese chi a quella dei minori. Sono questioni di carta d’identità. I reati contestati sono quelli di danneggiamento, molestie, getto di oggetti pericolosi e esplosione di petardi in luogo pubblico. A inchiodarli sono state alcune testimonianze e il paziente lavoro degli agenti della Digos che hanno passato al setaccio immagini di telecamere di videosorveglianza e passato notti insonni per compiere pedinamenti e appostamenti.

L’ombra del razzismo. La parola razzismo aleggia sull’intera vicenda. Quel che però gli inquirenti hanno chiarito è che non ci sono elementi per contestare l’aggravante ai tredici. Molti di loro hanno confessato raccontando di aver compiuto una bravata e di averlo fatto per mero divertimento. Tutti hanno escluso che la fastidiosa carnevalata estiva fosse legata all’etnia o al colore della pelle dei bersagli. Certo che, come lo stesso procuratore Ezio Domenico Basso ha affermato: «È un dato di fatto che si sia colpita in maniera sistematica la comunità senegalese. In questa fase delle indagini sembra però più un fatto di teppismo urbano che un atto di xenofobia». Il dubbio resta, ma ovviamente una cosa del genere per essere sostenuta in tribunale ha bisogno di elementi certi.

Non è finita. Il cerchio potrebbe addirittura non essere chiuso. Lo stesso dirigente della Digos ha parlato di altri episodi finiti sotto la lente d’ingrandimento dei poliziotti e anche il numero dei ragazzi coinvolti potrebbe aumentare. Di certo c’è che l’avvertimento è stato lanciato e non riguarda solo le persone denunciate. Il questore Ferdinando Rossi ha parlato chiaramente di un «segnale per l’intera comunità. Questi reati non sono gravissimi, ma sono indice di un malessere giovanile da cui possono scaturire episodi ben più gravi che col nostro intervento abbiamo evitato». Meglio impedire ai Gianburrasca, che tutto era fuorché un simpatico personaggio degno di emulazione, di far di peggio e, allo stesso tempo, evitare che le vittime degli assalti potessero avere reazioni esagerate. Anche se c’è chi sostiene che qualche sculacciata non ha mai fatto male.

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