La Nuova Sardegna

Oristano

Fa troppo caldo: allarme nel Sinis e ad Arborea

di Valentina Atzeni
Fa troppo caldo: allarme nel Sinis e ad Arborea

Le produzioni non rispettano i tempi e nei mercati non si vendono le colture di stagione

09 febbraio 2020
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CABRAS. Quello degli ultimi tempi è un assaggio di primavera anticipata che mette il buonumore. Non proprio a tutti però. Se si parla di agricoltura le alte temperature a gennaio e febbraio non sono decisamente una manna dal cielo, anzi. Ed è peggio se caldo e siccità perdurano da mesi, tanto da spingere gli agricoltori alla richiesta di un’anticipazione della stagione irrigua, insieme a interventi riguardanti l’irrigazione di soccorso per carciofi, cereali e colture ortive.

A lanciare l’allarme è Paolo Mele, imprenditore agricolo, proprietario insieme al fratello Salvatore dell’azienda Sa Marigosa e presidente provinciale di Confagricoltura: «La stagione è iniziata tardi: dopo la siccità durata fino a ottobre, ci sono stati ben quaranta giorni di piogge continue e intense che hanno saturato i terreni, danneggiando tutte le colture e ritardando la semina dei cereali – dichiara –, pertanto il prodotto raccolto, in particolare il carciofo, ha avuto nel primo periodo un prezzo piuttosto alto perché era sul mercato in piccola quantità».

Ma i prezzi non sono il vero problema: a preoccupare maggiormente gli agricoltori è il fattore clima. «Da metà dicembre è tornata la siccità e il caldo anomalo sta sbaragliando ogni produzione – continua Mele –, le piante da frutto e i vigneti stanno fiorendo e basterebbe una gelata per mandare all’aria un intero raccolto». A peggiorare le cose è l’effetto che le alte temperature hanno poi sull’andamento degli acquisti. Il consumatore medio, infatti, in questo momento sceglie con più facilità ortaggi tipicamente estivi, come melanzane e zucchine, costantemente sui banchi dei mercati, tralasciando invece quelli di stagione. Il meteo quindi, oltre a condizionare il lavoro nei campi, sta condizionando anche gli acquisti. Nonostante in questo momento la produzione del carciofo spinoso sia al top, con un prodotto di altissima qualità, il mercato è saturo perché il clima primaverile non ne incentiva l’acquisto. Scegliere cosa mangiare diventa quindi quasi una questione etica.

E per gli agricoltori locali non va meglio quando varcano il mare. Le esportazioni verso Lombardia, Veneto, Liguria, Toscana e Lazio sono alla paralisi, così come il commercio all’estero. «Si riesce a vendere nei paesi Nord Europa – spiega Paolo Mele –, ma i costi sono decisamente troppo alti da sostenere e bisogna in ogni caso sottolineare che l’ottanta per cento del mercato del carciofo è italiano, nel resto d’Europa non c’è la cultura della consumazione di questo eccellente ortaggio».

Sembra quindi che non vi siano soluzioni al problema, il quale, come afferma il presidente di Confagricoltura «È causato prevalentemente dal cambiamento climatico».

Una rimodulazione degli acquisti da parte del consumatore sarebbe la cosa più semplice. Piuttosto che permettere che siano le emozioni del momento a fare da padrone nelle scelte, basterebbe una riflessione un po’ più accurata. In un mondo che offre tutto e subito, c’è ancora la possibilità di scegliere. Ne va della salute dei mercati, e ne avrebbe grande beneficio anche la salute dell’ambiente.

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