La Nuova Sardegna

Oristano

«Provincia dimenticata dalla Regione»

di Michela Cuccu
«Provincia dimenticata dalla Regione»

In ritardo procedure, fondi e interventi per la cig in deroga, che nel territorio riguarda migliaia di piccolissime aziende

24 marzo 2020
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ORISTANO. I sindacati sono sul piede di guerra. Allarmati per gli effetti negativi che inevitabilmente l'emergenza coronavirus, sta provocando sul sistema economico e produttivo, sono pronti allo sciopero generale anche in Provincia, più che sul lato della sicurezza su quello della tutela per i settori più deboli ed esposti all’impatto negativo della pandemia sui cicli produttivi.

I sindacati chiedono il rispetto delle misure di sicurezza per chi resterà al lavoro ma anche certezze per il dopo emergenza. E sui due fronti mancano ancora risposte. Nelle sedi provinciali semi deserte, in questi giorni c'è tanto lavoro da sbrigare.

«Oltre aziende stanno avviando le procedure per la cassa integrazione, purtroppo, la Regione è in enorme ritardo sull'accordo quadro per la Cassa in deroga: ad oggi è l'unica in tutta Italia a non aver ancora concluso l'iter». È l'accusa lanciata dai segretari di Cgil, Cisl e Uil, che non nascondo l'enorme preoccupazione per il futuro di aziende e lavoratori. Spiegano che i ritardi possono avere effetti molto negativi e non solo nell'immediatezza.

Dice Andrea Sanna, segretario generale della Cgil. «Il nostro tessuto economico è caratterizzato da un gran numero di piccolissime aziende che, costrette a sospendere l'attività, possono proteggere i loro dipendenti solo con ferie o cig.

Trattandosi in prevalenza di piccole realtà ciò che serve sono fondi per assurdo maggiori rispetto agli interventi in favore delle aziende di media dimensione. Applicare la cig in deroga in Provincia significa fare un intervento a tappeto su diverse migliaia di lavoratori. Ad oggi non ci sono gli strumenti finanziaria, normativi e di personale.

I sindacalisti spiegano che bisogna fare distinzione tra aziende che già applicano rigidi protocolli sanitari, come quelle dell’agroalimentare, e altre che invece sono più indietro. Da un lato ci sono imprese ben strutturate ad esempio del settore agro alimentare, già attrezzate per la sicurezza e l'igiene, dunque preparate ad affrontare le nuove rigide misure disposte contro il contagio da Covid-19, in grado di continuare a lavorare e che stanno operando a pieno regime.

Per gli altri settori, definiti non essenziali, quello che manca non sono i protocolli di sicurezza (inutili perchè le attività sono chiuse) ma gli strumenti di sostegno. Un esempio viene dall’edilizia o dalle imprese artigianali o dai negozi che non vendono beni di prima necessità. E poi ci sono tutte le attività del settore turistico, i bar e i ristoranti, anche questi chiusi. «In assenza di accordo sulla cassa integrazione in deroga, queste realtà stanno chiedendo l'intervento degli Enti bilaterali per garantire gli ammortizzatori sociali ai dipendenti», spiega Sanna.

Ci sono poi realtà lavorative che non prevedono il ricorso agli ammortizzatori sociali. Secondo Alessandro Perdisci: «un esempio arriva dagli ausiliari del traffico che sono stati messi in ferie ma una volta terminate, se le loro aziende non potranno riprendere a lavorare, non ci saranno misure di sostegno per i dipendenti».

Franco Mattana, coordinatore della Uil di Oristano lancia l'allarme: «senza misure anti crisi la nostra economia rischia il collasso – dice – siamo già un territorio debole, ogni ritardo o tentennamento da parte di chi è al governo potrebbe rivelarsi fatale». I timori sono anche in vista della fine dell'emergenza: «Gli organici del'Inps, ente che dovrà elaborare le richieste ed erogare la cassa integrazione, sono sotto dimensionati – è la conclusione di Alessandro Perdisci – temo tempi lunghissimi, a meno che, il Governo non preveda nuove assunzioni».

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