La Nuova Sardegna

Oristano

Il testimone: «Il formaggio serviva per le fiere»

di Enrico Carta
Il testimone: «Il formaggio serviva per le fiere»

Al processo per le spese del Gal Mbs un funzionario regionale spiega il meccanismo per i rimborsi

14 ottobre 2020
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ORISTANO. Cento chili di pregiatissimo casizolu erano una quantità normale quando si andava a presentare i prodotti del territorio nelle varie fiere. Lo dice un testimone chiamato a deporre dalla difesa nel processo per le presunte spese allegre del Gal Mbs. Sotto accusa per peculato ci sono l’ex presidente del Gruppo di azione locale, Antonello Solinas, a cui viene contestato il reato di peculato assieme alla moglie Monica Deias, all’ex direttore Maurizio Cucchiara, alla consulente Tiziana Tirelli e al geometra Valentino Brunzu che aveva prestato dei servizi per conto del Gal.

L’ordine di 700 chili di casizolu è nell’elenco delle spese sospette che sarebbero state compiute dai vertici del Gal durante la gestione Solinas che, secondo il pubblico ministero Armando Mammone, si sarebbe caratterizzata per una serie di spese affiancate da altrettante richieste di rimborsi che, alla fine, non vennero più accolte. Da qui il Gal entrò nel vortice degli ammanchi che hanno poi portato alla nascita dell’inchiesta. A proposito del formaggio, l’imprenditore Antonio Borrodde ha chiarito che una quantità di cento chili era normale per un’esposizione o una fiera mercato. Ha anche spiegato di aver regolarmente fatturato tutto il prodotto acquistato dal Gal, ma non sapeva in quali altri appuntamenti il casizolu sia stato utilizzato per reclamizzare le bontà del territorio. Fatto rimarcato dal pubblico ministero che lo ritiene un elemento non secondario.

Più tecnica è stata invece la deposizione di Francesco Ventroni, funzionario della Regione, che si è soffermato nella spiegazione dei meccanismi di funzionamento dei Gal, anche se non è entrato nel dettaglio di quello oristanese. L’Unione Europea aveva messo a disposizione i fondi che venivano poi gestiti dalla Regione che a sua volta li dirottava verso i Gruppi di azione locale che agivano per migliorare le condizioni economiche di territori svantaggiati. I Gal promuovevano le iniziative e poi presentavano le richieste di rimborso. Il vero snodo fu il 2008: sino a quel momento, se una spesa non rispondeva ai canoni previsti, non era rimborsabile; da quel momento in poi oltre a non essere rimborsabile, costava al Gal una sanzione della stessa entità della richiesta di rimborso presentata, motivo che avrebbe generato il buco in bilancio e di fronte al quale gli amministratori rimasero senza armi per poter tornare in linea di galleggiamento. Per il pubblico ministero questo non giustificherebbe comunque le spese: se certe azioni non erano consentite per regolamento, era prevedibile che poi non sarebbero arrivati i rimborsi.

È ancora presto per stabilire chi abbia ragione perché all’appello mancano ancora diverse deposizioni. All’udienza del 17 novembre saranno in aula altri testimoni chiamati a deporre dal collegio difensivo composto dagli avvocati Luisella Pani, Katia Ledda, Riccardo Crovi, Debora Urru, Veronica Dongiovanni e Mario Gusi.

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