La Nuova Sardegna

Oristano

Parco Phoinix, indagati due presidenti delle coop

di Enrico Carta
Parco Phoinix, indagati due presidenti delle coop

Sono i rappresentanti legali dei pescatori che gestiscono Sa Mardini e Mistras Contestato l’inadempimento del contratto. La difesa: «L’accordo non esiste»

08 ottobre 2021
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CABRAS. Il reato contestato è il 355 del codice penale e gli indagati sono Giuliano Cossu e Tonino Manca, presidenti delle cooperative di pesca che qualche anno fa siglarono – ma fu davvero così? – l’accordo con la Provincia e i Comuni di Oristano e Cabras per la nascita del parco naturalistico Phoinix, una delle tante opere pubbliche incompiute o inutilizzabili di cui è costellato il territorio provinciale. È proprio sui contorni di quell’accordo che si gioca l’intera partita giudiziaria con l’indagine che è solo agli albori e la procura che ha chiesto il sequestro di una parte del percorso affinché, finalmente, esso non sia tale solo sulla carta, ma sia realmente fruibile ai visitatori.

Ieri mattina, dopo che la giudice per le indagini preliminari Silvia Palmas aveva respinto la prima richiesta di sequestro degli accessi alle peschiere di Sa Mardini e di Mistras nel territorio di Cabras, è stato discusso l’appello presentato dal pubblico ministero Armando Mammone di fronte alle giudici del collegio Carla Altieri, Elisa Marras e Serena Corrias. Per ora la decisione non è arrivata, perché le giudici scioglieranno la riserva solo tra qualche giorno, dopo aver esaminato al meglio gli atti a loro disposizione. Ecco allora che bisogna fare un passo indietro e ripercorrere a grandi linee la storia del percorso naturalistico Phoinix che collega Torregrande a San Giovanni di Sinis attraverso un affascinante cammino che si addentra nelle zone lagunari, in cui le cooperative di pesca svolgono il loro lavoro quotidiano.

Completate le strade e gli arredi dopo lungaggini infinite e una spesa notevole, il percorso non è mai stato disponibile per gli amanti delle passeggiate a piedi o in bicicletta. Il tempo di percorrenza alquanto lungo mal si sposava con il limitato numero di ore durante le quali è consentito il passaggio nelle zone in concessione alle cooperative. Chi partiva rischiava di trovarsi di fronte i cancelli sbarrati e di dover quindi rinunciare alla passeggiata o di non poter far ritorno al punto di partenza perché l’ira di accesso era intanto scaduta. La procura sostiene che, impedendo il passaggio continuo al percorso, i pescatori siano venuti meno agli obblighi previsti dall’accordo e che quindi stiano commettendo un inadempimento nel contratto di pubbliche forniture.

I pescatori però la pensano diversamente e ieri i loro avvocati difensori, Christian Stara e Alessandro Enna, hanno esposto al collegio le differenze rispetto a quanto sostenuto da chi indaga. Secondo i due legali il contratto di cui la procura parla non esiste. Il sequestro di documenti effettuato dalla sezione di polizia giudiziaria del Corpo Forestale starebbe lì a dimostrarlo: in quelle carte non è contenuto un accordo tra le parti firmato da tutti i soggetti coinvolti in questo progetto, ma solo una disponibilità di massima a concedere il passaggio attraverso le aree gestite dalle cooperative e, per giunta, nel caso in cui fossero rispettati alcuni requisiti. Quell’intesa prevedeva infatti la presenza di un gestore di tutto il percorso Phoinix, l’individuazione di un responsabile civile che doveva occuparsi di garantire la sicurezza lungo tutto il percorso, il completamento di una serie di opere e infine il rispetto delle esigenze lavorative dei pescatori che, dall’attività nei compendi ittici, traggono il loro sostentamento.

Nulla di tutto ciò sarebbe però avvenuto, motivo per cui i pescatori si ritengono estranei a ogni responsabilità. Al contrario, la procura li accusa di aver avuto dei benefici grazie ai lavori effettuati nelle aree da loro gestiti, salvo poi tirarsi indietro nel momento in cui dovevano spalancare i cancelli e far passare visitatori e turisti, amanti delle escursioni. E l’apertura per poche ore sarebbe solo un gettare fumo negli occhi, un modo per far sembrare che quell’accordo sia stato rispettato.

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