La Nuova Sardegna

Oristano

Finta avvocatessa finisce sotto accusa, processo a Oristano

Enrico Carta
Finta avvocatessa finisce sotto accusa, processo a Oristano

Gestiva uno studio di pratiche per il risarcimento danni ma si sarebbe fatta pagare come se fosse una legale

14 novembre 2021
3 MINUTI DI LETTURA





ORISTANO. Avrebbe fatto finta di essere un’avvocatessa, ma al processo che l’attende non potrà difendersi da sola perché quel titolo professionale non l’ha mai conseguito. Le servirà un avvocato vero. Quella di aver esercitato abusivamente la professione forense è una delle accuse che il pubblico ministero Andrea Chelo muove contro G.A., 49enne dell'Oristanese che gestiva a Oristano uno studio che si occupa di pratiche per il risarcimento danni da responsabilità medica, come conseguenza di incidenti stradali e di infortuni sul lavoro. Gli altri tre capi di imputazione, per i quali sarà in aula con citazione diretta di fronte al giudice monocratico il 9 febbraio prossimo, sono un’appropriazione indebita e due truffe.

Non bisogna andare troppo indietro nel tempo per scovare la denuncia che scatta poco meno di due anni fa. Gli episodi contestati dall’accusa e per i quali l’imputata, assistita dall’avvocato Massimiliano Orrù, si difenderà in tribunale sono di poco antecedenti. I primi risalgono al 2017: è il momento in cui si sarebbe impossessata di 6.380 euro di una cliente che si era rivolta al suo studio. Quei soldi sarebbero serviti per pagare alcune consulenze tecniche nell’ambito di una causa civile di risarcimento danni seguita a un intervento chirurgico.

È il motivo per cui le viene contestata l’appropriazione indebita. Uno dei due episodi di presunta truffa è strettamente legato proprio al fatto appena descritto. Avrebbe infatti contattato uno dei consulenti della causa intentata contro i medici e gli avrebbe chiesto 8mila euro. Avrebbe detto al consulente che quei soldi servivano per tenere buona la signora che aveva avviato la causa e che poi l’aveva persa. Secondo il racconto, la cliente si era infuriata proprio per questo motivo e avrebbe ritenuto responsabile della sconfitta in tribunale proprio il consulente. Quest’ultimo non consegnò i soldi a G.A., la quale avrebbe inasprito la situazione spiegandogli che il marito della cliente era un giornalista pronto ad accendere il computer e a mandare in pubblicazione articoli con i quali avrebbe messo in evidenza l’imperizia del professionista.

Nell’altro episodio di truffa contestato, la prossima imputata si sarebbe finta avvocatessa e avrebbe incassato anche 2.270 euro da una cliente che, a sua volta, aveva intentato causa a un’équipe medica per un risarcimento danni conseguente a un intervento non riuscito perfettamente. Si era anche offerta di seguire le pratiche Inail e quelle per il rinnovo della patente, ovviamente in cambio della parcella che spetta a tutti i buoni avvocati che si rispettino. Con la differenza che non poteva indossare la toga e presentarsi in tribunale a discutere processi davanti ai giudici. Avrà comunque ben presto incontri ravvicinati con le toghe, tra cui quelle degli avvocati di parte civile Giovanni Cau e Patrizio Rovelli. Il primo assiste le due signore da cui l’imputata avrebbe ottenuto i soldi per le prestazioni mai compiute o non autorizzate, il secondo è legale del consulente a cui erano stati chiesti i soldi. Il tribunale sarà il luogo giusto per capire se le accuse sono davvero fondate oppure se, dietro quel che può sembrare un reato, ci può invece essere una rivalutazione di fatti, testimonianze e documenti che può portare a scagionare la signora.

©RIPRODUZIONE RISERVATA
 

In Primo Piano

Video

Stefano Cherchi addio: a Sassari l'applauso della folla commossa per il fantino morto in Australia

Le nostre iniziative