La Nuova Sardegna

Oristano

Il processo

Assunzioni sospette nella sanità, il direttore del personale all’ex commissaria Asl di Oristano: «Troppi da Marghine e Planargia»

di Michela Cuccu

	Una delle udienze preliminari che mandarono a processo quasi tutti gli indagati del caso che sconvolse la sanità oristanese
Una delle udienze preliminari che mandarono a processo quasi tutti gli indagati del caso che sconvolse la sanità oristanese

Drammatica testimonianza di una infermiera emarginata «forse perchè non avevo aderito al Partito dei Sardi»

04 aprile 2024
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Oristano «All’epoca alla Asl si vociferava che tantissimo personale proveniva dalla zona di Macomer e Bosa. Verificai attraverso la documentazione che avevamo in ufficio e constatai che era vero. Mi preoccupai ed avvisai la commissaria della Asl, Maria Giovanna Porcu».

Marco Biagini era il responsabile dell’Ufficio personale della Asl 5 quando, come emerso dall’inchiesta “Ippocrate”, assunzioni e concorsi sarebbero stati pilotati favorendo simpatizzanti e tesserati al Partito Dei Sardi. Ieri, l’ex funzionario (attualmente direttore a Oristano del servizio territoriale di Argea), è comparso dinanzi al collegio del Tribunale come testimone. Ha spiegato che all’epoca il motivo del ricorso massiccio alle agenzie interinali fosse legato al blocco delle assunzioni e dunque questo fosse l’unico modo per disporre di personale a sufficienza. Quando sia il pm Marco De Crescenzo sia la presidente del collegio giudicante, Carla Altieri, gli hanno chiesto perché avesse informato la commissaria delle voci sulla concentrazione delle assunzioni nel Marghine e nella Planargia e quali azioni avrebbe eventualmente potuto assumere, Biagini è stato salomonico: «Non ho idea di cosa la commissaria avrebbe potuto fare. Il mio fu un gesto di gentilezza nei suoi confronti. Mi preoccupava il fatto che queste voci avrebbero potuto alimentare malcontento tra il personale».

La giudice ha insistito ancora. «Questa risposta non è credibile», ma Biagini è rimasto fermo sulla sua versione. Dall’udienza di ieri sono però arrivate conferme sul fatto che, almeno in alcuni casi, le agenzie avessero ricevuto dalla Asl richieste di assunzioni nominative. Almeno così ha detto una delle dipendenti della e-Work, agenzia di Sassari che aveva in appalto la somministrazione del personale infermieristico.

«Cercavano il curriculum di precise persone. Se c’era, venivano selezionate, altrimenti si chiamavano quelle persone e gli si chiedeva la disponibilità a lavorare». Quando la vicenda delle presunte assunzioni pilotate diventò un caso politico, con la costituzione di una Commissione speciale per la Sanità da parte del Consiglio regionale e l’allora consigliere regionale del Psd’az, Angelo Carta presentò un richiesta di accesso agli atti per sapere quanti fossero e quale fosse la provenienza dei dipendenti della Asl, alcuni lavoratori interinali si preoccuparono.

«Eravamo sotto una costante attenzione mediatica. Non capivamo perché gli organi di informazione concentrassero la loro attenzione solo sugli interinali della Asl di Oristano e non su quelli delle altre Aziende sanitarie. Ci sentivamo come degli appestati», ha dichiarato Enrico Cadeddu, assistente amministrativo che all’epoca, aveva un contratto interinale. L’impiegato, di Macomer, ha detto di esser stato lui l’estensore di una lettera, firmata anche da altri colleghi, inviata alla commissaria Maria Giovanna Porcu, nella quale le si chiedeva di non fornire i dati personali degli interinali a nessuno. «Temevamo che i nostri nomi finissero sui giornali», ha detto Cadeddu. «Chiedemmo un consiglio all’avvocato Gianfranco Congiu che incontrai in Comune al termine di una seduta del Consiglio. Con lui c’era anche Onorato Succu. Congiu che mi aveva dato appuntamento proprio in Municipio, mi suggerì di scrivere la lettera e di farla firmare anche agli altri lavoratori interinali», ha inoltre riferito l’impiegato. «All’agenzia devi chiedere di mandare Claudia, di Simaxis, che ha già lavorato da noi». È una parte della telefonata intercettata dagli investigatori tra Emanuela Frau, all’epoca impiegata ai Servizi professionali infermieristici e Salvatore Manai, che in quel periodo ricopriva il ruolo di coordinatore della sala operatoria e tra i principali imputati al processo. È proprio Manai a sollecitare l’assunzione di Claudia. «Sì, va bene ma devi dirmi anche il cognome», risponde dall’altro capo del telefono Emanuela Frau. L’ impiegata, interrogata dal pm, ieri ha spiegato come l’ufficio avesse un contatto diretto con le agenzie interinali ma che per le sostituzioni di personale assente per oltre tre mesi, le assunzioni avvenissero attraverso l’Ufficio del personale. Frau ha confermato come per le sostituzioni alle agenzie venisse richiesto personale che avesse già lavorato nei reparti, in quanto già formato e a conoscenza del lavoro. Il pubblico ministero ha chiesto a Frau se conoscesse Manai: «Sì, a volte mi faceva nomi specifici da assumere per la sostituzione del personale», ha confermato la testimone.

Il contenuto dell’intercettazione, letta in aula dal pubblico ministero, ha provocato l’intervento dell’avvocato Massimiliano Ravenna. Il legale, che assieme alla collega Liliana Pintus difende Agnese Canalis, responsabile dell'agenzia interinale E-work, ha chiesto se l’impiegata fosse sentita solo come testimone e non con un altro ruolo. L’udienza di ieri in realtà è stata caratterizzata da molti tentennamenti da parte di alcuni dei testimoni e di numerose contestazioni da parte degli avvocati difensori. Intanto sono state fissate le date delle nuove udienze. Si tornerà in aula il 30 maggio e il 18 luglio, quando, dopo i testimoni, sarà data la parola agli imputati. Sarà necessario attendere almeno l'autunno per vedere la conclusione del processo.

L’udienza si è chiusa con la dramamtica testimonianza di una dirigente infermiera. «Venni emarginata e demansionata perché ero scomoda e forse, perché rifiutai di entrare e collaborare con il Partito dei Sardi». Presunto mobbing  comunque certificato con tanto di perizia medica, quello subito da Manuela Carta, infermiera del Servizio Professioni Sanitarie . Interrogata dal pm Marco De Crescenzo, ha raccontato la sua esperienza:“Mi spostarono in un ufficio senza telefono, senza computer (me lo diedero dopo mille insistenze da parte mia) la finestra che non si poteva aprire e niente impianto di condizionamento», ha riferito la testimone che ha raccontato come si deteriorarono i rapporti con i colleghi, Angelo Piras, all’epoca responsabile delle professioni sanitarie e poi con il successore nell’incarico, Gianni Piras.

La Asl aveva bandito un concorso per posizioni apicali. Si candidarono sia Gianni Piras che Manuela Carta ,che arriva quarta. Lei è in attesa di una bambina e si sente proporre dal collega di mettersi in malattia. «Rifiutai: la malattia mi avrebbe precluso la possibilità di partecipare al concorso».

Ed ancora: «Quando Angelo Piras si trasferì alla Asl di Nuoro dove aveva vinto un concorso, mi chiese di collaborare con Gianni Piras che aveva designato come successore al suo incarico. Gli dissi che non l’avrei fatto perché quel ruolo spettava a me».

«Perché non denunciò il mobbing al tribunale del lavoro?», le ha chiesto l’avvocato Aldo Luchi, difensore di Gianni Piras. «Perché ero in gravidanza», ha risposto la testimone. Domanda reiterata più volte dal legale, sempre con la stessa risposta. Sino a quando, la presidente del collegio, Carla Altieri, rivolgendosi al legale ha detto: «Avvocato, lei non può sapere». Ponendo così fine all’interrogatorio.

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