La Nuova Sardegna

Oristano

La ricerca dell’Imc

Oristano, con i muggini “sostenibili” la bottarga sarda diventa un business: «Ecco la nostra sfida»

di Ilenia Mura
Oristano, con i muggini “sostenibili” la bottarga sarda diventa un business: «Ecco la nostra sfida»

La sfida dell’acquacoltura: il team di ricercatori della Fondazione Imc, guidati dal responsabile scientifico dell’area Acquacoltura, Stefano Carboni, nell’intervista video racconta il progetto che punta a rendere la Sardegna regione leader nella produzione commerciale del cefalo

12 agosto 2024
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Oristano «La caratteristica più importante è il suo essere onnivoro ed erbivoro, richiedendo quindi minori quantità di risorse animali marine (farine e oli di pesce) nella dieta». Due: «Data la sua taglia e tasso di crescita, da un punto di vista commerciale, il cefalo presenta potenzialità di valore aggiunto simili a quelle del salmone con un buon rendimento alla sfilettatura e la possibilità di trasformazione del prodotto: filetti affumicati e ovviamente la bottarga». Per scoprire che il cefalo, o più comunemente muggine, è un pesce “sostenibile” su cui il settore della pesca potrebbe puntare per dare impulso al business legato alla produzione della bottarga, che sia realmente made in Sardegna, «e non di importazione», bisogna varcare la soglia dell’International marine centre di Torregrande a Oristano.

È qui che un team di ricercatori della Fondazione Imc, guidati dal responsabile scientifico dell’area Acquacoltura, Stefano Carboni, da dieci anni lavora ad un progetto decisamente ambizioso che punta a rendere la Sardegna regione leader nella produzione commerciale del cefalo e della bottarga senza dover più necessariamente essere legati al prelievo di risorse selvatiche né alla loro disponibilità stagionale. Perché Carboni, col suo team di quattro ricercatori (Dario Vallainc, Barbara Loi, Danilo Concu, Anuta Chindris e Mattia Corrias) porta avanti il progetto della Fondazione per studiare vita e riproduzione, appunto, del cefalo. Spiega Carboni: «Nello specifico, la pesca al cefalo da bottarga condotta nelle lagune costiere sarde, trarrebbe un forte giovamento da programmi di semina all’interno delle lagune. Dando, infatti, uno sguardo ai dati di produzione di cefalo in Italia si nota come la produzione abbia subito un forte decremento passando da 2064 tonnellate nel 2017 ad una media di circa 300 tonnellate nei successivi tre anni (tonnellate 231, 419, 264, per il 2018, 2019 e 2020). Questo denota – continua Carboni – una importante volatilità della presenza del prodotto sui mercati e, soprattutto, un decremento significativo (di circa 10 volte) e sostenuto nel tempo (3 anni) tipico di stock selvatici sfruttati oltre il loro massimo rendimento sostenibile».

Nel 2020, la produzione delle orate è di 6mila tonnellate, quella delle spigole supera le 4mila. Il muggine, come detto, in tre anni va sotto le 300 tonnellate. Dunque? «Mentre diverse specie beneficiano di un fermo pesca durante il periodo riproduttivo, il cefalo viene pescato quasi esclusivamente durante la migrazione riproduttiva dalle lagune verso il mare aperto per supportare la produzione della bottarga. Non sempre tradizione e sostenibilità vanno di pari passo. Molti dei progressi sul piano della sostenibilità sono stati ottenuti tramite importanti innovazioni tecnologiche». Per capire basta dare uno sguardo ai dati sulla produzione della bottarga del ministero delle Politiche agricole: «I cefali presenti sul mercato italiano diminuiscono, la produzione di bottarga, invece, aumenta di dieci volte passando da 0.9 tonnellate a 8.9 tonnellate nello stesso periodo».

Ci sono chiaramente sfide importanti da superare prima che la produzione di questa specie sia pronta per una produzione su scala commerciale in Sardegna, ma i progressi ottenuti dai ricercatori della Fondazione Imc (Torregrande, Oristano) includono il controllo della riproduzione in cattività e lo sviluppo dei protocolli di produzione dei giovanili della specie. La ricercatrice Barbara Loi spiega che sulla fisiologia riproduttiva del cefalo si conosceva abbastanza poco: «Per studiare una specie che può diventare di allevamento bisogna conoscere e studiare l’intero ciclo vitale». Ed è proprio all’interno dei laboratori dell’Imc di Torregrande, in una palazzina di fronte alla spiaggia della borgata marina di Oristano, che il team procede spedito per raggiungere i risultati sperati: «Alimentati adeguatamente e in acqua salata – racconta il ricercatore Dario Vallainc – i pesci hanno dimostrato di poter sviluppare le gonadi». In questa fase, aggiunge: «Stiamo lavorando per arrivare a controllare il sesso, e far nascere solo femmine, e programmare la riproduzione al di fuori dal periodo riproduttivo». Una condizione utile «per poter sviluppare l’acquacoltura industriale in Sardegna». «Essendo una specie adattabile – conclude Carboni – il cefalo potrebbe essere allevato in tutti gli ambienti acquatici: dal Flumendosa al golfo di Oristano, da Golfo Aranci a Matzaccara, senza subire particolari stress». Questi risultati, hanno reso la Fondazione Imc il riferimento per la Food and Agriculture organisation of United Nations per la produzione del primo manuale tecnico per la produzione del cefalo.

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