La Nuova Sardegna

Oristano

L’intervista

Il dolore di un figlio: «Mio padre Bonifacio ucciso al mio posto» – L’intervista a Pino Tilocca pubblicata nel marzo 2018

di Gianni Bazzoni
Il dolore di un figlio: «Mio padre Bonifacio ucciso al mio posto» – L’intervista a Pino Tilocca pubblicata nel marzo 2018

Il dirigente appena scomparso era sindaco di Burgos quando ci fu l’attentato: «Quella bomba era per me, la tragedia mi assegnò un impegno che non può fermarsi»

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Un nome dopo l’altro, a voce alta. A un certo punto sarà il turno di Bonifacio Tilocca, suo padre. Aveva 71 anni quando una bomba piazzata davanti al portone della casa di Burgos lo uccise. Un omicidio di mafia, quella che parla la lingua sarda. Pino Tilocca era sindaco del paese - al confine tra il Goceano e il Nuorese - e quella morte se la sente ancora addosso.

«Di quello che è successo quella notte del 29 febbraio 2004 – racconta Pino, oggi tra i referenti di Libera in Sardegna – ne sento in qualche modo la responsabilità. Perché la bomba era per me. Ma quella tragedia mi consegna anche un impegno forte, che non deve mai fermarsi, per coltivare l’educazione alla legalità».

Non sono mai stati scoperti gli autori del delitto di Bonifacio Tilocca, ex operaio che aveva faticato duro per fare studiare i figli, morto da innocente senza vedere in faccia gli assassini. E Pino - oggi dirigente dell’Istituto di istruzione superiore “De Castro” di Oristano - rivendica con coraggio e con orgoglio il diritto alla giustizia e alla verità. «Lo esigo – dice – ma non cerco alcuna vendetta. Attendo insieme ai miei familiari che si faccia chiarezza. Non è il primo pensiero la mattina, ma è una esigenza che ti cresce dentro tutti i giorni».

In piazza Sulis ad Alghero, come in tutte le altre che ha attraversato in questi anni, Pino Tilocca si presenta come figlio e come educatore, con un duplice sentimento: «Ascoltare i nomi delle vittime di mafia rinnova il dolore, ti fa rivivere gli episodi. Io ci sono insieme alla mia famiglia e a migliaia di persone. La morte di mio padre mi ha consentito negli anni di parlare con la gente, di acquisire consapevolezza che la mafia esiste ma si può combattere. E io vado avanti con il mio impegno, lo devo proprio a mio babbo e a tutti gli uomini e le donne che hanno perso la vita per mano di criminali».

Anche in Sardegna c’è la mafia. Pino Tilocca lo va dicendo da tempo: «L’uso della violenza per difendere i propri interessi, gli attentati agli amministratori che non sono mai diminuiti. E poi la mafia che ha tanti soldi, quella che fa investimenti immobiliari e di altra natura in zone dove si concentrano attenzioni della grande economia». E non è un caso – come ricorda Pino Tilocca – «se nella nostra isola ci sono già 250 beni confiscati alla mafia».

Il silenzio di fronte agli omicidi si chiama omertà. «Cosa vuol dire? Che c’è gente che arriva a pensare così: ciò che accade al tuo vicino non ti riguarda. E anche se sai, se hai visto, stai zitto. E finisce lì». Pino Tilocca è rimasto al suo posto di amministratore pubblico fino all’ultimo secondo, anche se era più semplice mollare e andare via. Ha onorato il mandato, «perché un sindaco non scappa». E poi sarebbe stato come mancare di rispetto all’anziano genitore. Solo dopo ha cominciato un nuovo percorso, ha continuato a studiare e a cercare una dimensione nel mondo della scuola e della formazione, è diventato preside.

Dal 2004 a oggi, il tempo sembra passato inutilmente, le cose che si denunciavano allora ti ritornano davanti agli occhi. Ma davvero non è cambiato niente? «No, i giovani sono cambiati, sono la speranza – dice ancora Pino Tilocca – io giro, vado nelle scuole (come ad Alghero pochi giorni fa). Ascoltano e riflettono, hanno capacità di analisi, coltivano la cultura del rispetto. Non è tutto scontato, ma resto convinto che il grande impegno di Libera e le testimonianze di molti di noi sono importanti».

Pino Tilocca ha vinto il premio “Cild” (Coalizione italiana libertà e diritti civili), un riconoscimento che mira a valorizzare chi si è distinto nella promozione e protezione delle libertà civili, contribuendo a diffondere la cultura dei diritti umani nel nostro Paese.

«Non faccio il preside per ricevere trofei – ha commentato subito dopo – ma un premio non richiesto e non sollecitato fa sempre piacere. Specie in questo campo». La vita di Pino Tilocca è un continuo sviluppo. Ci sono momenti che segnano il tempo. Il preside non lo dice ma i ragazzi lo sanno: nella sua scuola si insegna il coraggio e il rispetto, si mettono in prima fila i valori della legalità. Non è una competizione con gli altri «perché ovunque deve essere così, e so che è così». Ma i morti ammazzati rivivono nell’opera portata avanti dai familiari. E Pino Tilocca è un instancabile testimone alla ricerca della verità.

«Ne parliamo spesso con Claudia Loi (sorella di Emanuela, l’agente di polizia morta nella strage di via D’Amelio) – dice ancora l’ex sindaco di Burgos – e ci facciamo forza a vicenda. Si va avanti, e stare in piazza insieme a tanti giovani è davvero un bell’inizio di primavera». Ogni tanto si volta indietro a scrutare il percorso, scopre che più della metà dei suoi allievi delle scuole medie sono in contatto con lui su Facebook. Forse non è solo scuola, è un modo di fare politica, «la politica della buona scuola» come ha commentato Nando Dalla Chiesa, suo amico da tanti anni. Inizia la primavera, si riparte da una piazza, da Alghero.

Pino Tilocca in prima fila con 25 docenti e 300 studenti della sua scuola, vicino agli altri arrivati da ogni angolo di Sardegna. «...Emanuela Loi, Bonifacio Tilocca, don Graziano Muntoni...», per non dimenticare. Due anni fa a Sestu - città natale dell’agente di polizia caduta per mano della mafia accanto al magistrato Paolo Borsellino - rivolto ai giovani, Pino Tilocca aveva detto: «Hanno ucciso i nostri familiari ma non ci hanno piegato e non ci hanno sconfitto perché possiamo contare su di voi. Finché non ci lascerete soli, noi non saremo mai sconfitti». E quel messaggio non ha data di scadenza. 

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