Peppino Canu va in pensione, l’Alto Oristanese perde un altro medico di base
Il consigliere regionale: «Continuerò a dare il mio contributo nell’Ascot che aprirà a Sedilo nella prima decade di gennaio 2026»
Sedilo Il 31 dicembre sarà l’ultimo giorno di servizio per Giuseppino Canu, medico di base da 41 anni, la maggior parte dei quali dedicati all’assistenza dei pazienti di Sedilo e Aidomaggiore. Il dottore, originario di Ossi e sedilese d’adozione, andrà in pensione ma non svestirà definitivamente il camice. Continuerà a svolgere l’attività nell’Ascot che l’Asl attiverà in paese nella prima decade di gennaio. L’apertura in loco di un ambulatorio straordinario di comunità territoriale eviterà che circa la metà della popolazione locale e centinaia di pazienti residenti nei centri limitrofi si riversino in sedi già congestionate.
Il servizio sarà erogato nello studio di Canu, in via Fara e si articolerà in tre o quattro turni settimanali di cinque ore, due dei quali coperti dall’attuale medico di base. Pur non trattandosi di un distacco definitivo, Peppino Canu ha sentito il bisogno di condividere alcune riflessioni con gli assistiti inviando loro una lettera. «Sono arrivato a Sedilo e ad Aidomaggiore nel 1991 e da subito queste comunità mi hanno accolto, ma mai avrei immaginato che sarebbero diventate la mia casa. Con il passare del tempo anche Ghilarza, Abbasanta e Norbello e alcuni paesi del Barigadu hanno avuto necessità della mia attività professionale», premette prima di ripercorrere la pluridecennale esperienza ed esprimere la sua riconoscenza.
«Ho avuto il privilegio di accompagnarvi nei momenti difficili e in quelli più sereni, di condividere preoccupazioni, speranze, sorrisi e, talvolta, anche dolori. Non si è trattato soltanto di esercitare una professione, ma di intraprendere un percorso umano, fatto di fiducia reciproca e rispetto». L’impegno istituzionale in consiglio regionale e una fase della carriera che si chiude impongono un’analisi dei mutamenti che hanno attraversato il sistema della medicina generale nel territorio.
«Dopo il 2015, con l’istituzione dell’Ats e la soppressione dei piccoli ospedali l’assistenza nel Guilcier e nel Barigadu ha iniziato a cambiare radicalmente. La gestione aziendalistica ha impoverito il tessuto dei servizi ospedalieri e con il Covid si è aggravata anche la situazione di quelli territoriali. Negli ultimi anni si è verificato un esodo degli operatori di medicina generale che ha lasciato i territori completamente sguarniti». L’Ascot è nato come soluzione tampone per sopperire alla grave carenza di medici e tutt’ora rappresenta un modello operativo quasi esclusivo.
«Bisognerebbe riunire i professionisti dell’assistenza primaria in aggregazioni funzionali territoriali distribuendo il carico di lavoro nell’arco dell’intera giornata e avvalendosi di un servizio di segreteria per smaltire l’eccessiva burocrazia». «Una pezza al fallimento della medicina territoriale l’ha messa il Pnrr con l’istituzione delle Case e degli ospedali di comunità e la riqualificazione dell’assistenza territoriale, ma senza le forze professionali le strutture rimarranno vuote. Occorre coinvolgere i giovani incoraggiandone l’adesione al progetto della nuova medicina territoriale anche con riconoscimenti economici».
