La Nuova Sardegna

VILLAGRANDE STRISAILICartucce e scritte minacciosecontro un manager della Galydhà

Valeria Gianoglio
Stabilimento Galydhà
Stabilimento Galydhà

Avvertimento mafioso per i dirigenti dell’azienda lattiero-casearia Galydhà. Il direttore del personale, Antonio Coni, ha infatti trovato sul cofano della sua auto un involucro contenente alcune cartucce e un messaggio con minacce di morte. Due dirigenti dell’azienda sono stati interrogati nei giorni scorsi nell’ambito delle indagini sull’omicidio della titolare della Barbagia Flores, Rosanna Fiori, uccisa il 3 ottobre del 2001. Nello stabilimento Galydhà lavorava Serra, di Villagrande Strisaili, ritenuto l’esecutore materiale dell’omicidio Fiori

03 luglio 2010
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VILLAGRANDE. È appena uscito dal suo ufficio, Antonio Coni, direttore personale dell’azienda lattiero-casearia Galydhà nel territorio di Villanova Strisaili, quando si accorge che sul cofano della sua Citroen qualcuno ha dimenticato uno strano involucro. Scende dall’auto per buttare via la fastidiosa presenza ma nota che al suo interno ci sono diverse cartucce, un foglio e alcune parole eloquenti: sono minacce di morte. Antonio Coni, all’inizio, pensa di non aver letto bene. Per un attimo spera in uno scherzo, poi capisce che è tutto terribilmente serio.

Qualcuno ha appena cercato di intimidire lui e il responsabile dell’azienda lattiero-casearia, Mario Sanna, nonché amministratore delegato della società per azioni che controlla lo stabilimento di Villanova: l’Amalattea Spa.

Altri due loro colleghi, qualche settimana fa, erano stati sentiti in Procura a Lanusei nell’ambito delle indagini sull’omicidio della titolare della Barbagia Flores, Rosanna Fiori, uccisa il 3 ottobre del 2001. Nello stabilimento Galydhà, sino a poco tempo fa lavorava infatti uno degli indagati principali dell’inchiesta sulla morte della imprenditrice: Marco Serra, di Villagrande Strisaili, ritenuto l’esecutore materiale dell’omicidio Fiori.

La testimonianza dei suoi datori di lavoro, alcuni giorni fa, serve alla Procura ogliastrina per smontare una delle tesi della difesa di Serra. Il legale dell’indagato, infatti, sin dall’inizio sostiene che Serra sia affetto da alcuni problemi psichici che in diverse occasioni lo avrebbero portato a dire cose non vere, persino ad autoaccusarsi di episodi che non avrebbe mai commesso. Come la presunta commissione di uccidere la Fiori ricevuta, secondo gli inquirenti da una ex lavoratrice della Barbagia Flores, Daniela Depau. Ma i datori di lavoro di Serra, davanti al procuratore Domenico Fiordalisi, spazzano via ogni dubbio: «Marco Serra - dicono - è sempre stato un lavoratore equilibrato, che non ci ha mai dato alcun problema. Lavora da noi e non è affetto da pazzia».

Il tribunale del riesame di Cagliari che alcuni giorni fa respinge la richiesta di scarcerazione del presunto killer di Rosanna Fiori, cita anche la loro testimonianza tra quelle determinanti per la decisione di tenere in cella l’operaio di Villagrande.

Dopo questo episodio, per uno strano scherzo del destino, la sorte dell’azienda Galidhà continua a intrecciare e a ricordare in qualche modo le tormentate vicende della Barbagia Flores. Come nel caso dell’azienda florovivaistica della Fiori e del marito Stefano Wallner, infatti, anche alla Galydhà si cominciano a registrare episodi di minaccia. Accade qualche giorno fa. Quando, per l’appunto, il direttore del personale dell’azienda lattiero-casearia, Antonio Coni, trova sul cofano della sua auto la sgradita sorpresa: cartucce e un biglietto con minacce di morte.

Per giorni la notizia viene tenuta nascosta, nessuno ne sa niente. I vertici dell’azienda, evidentemente, si consultano ma decidono che è meglio non fare alcun commento. Ma a poco a poco le voci cominciano a girare anche a Villagrande, si fanno pure le prime supposizioni. Proprio come nel caso della Barbagia Flores, quando, tra il ’98 e il ’99, davanti ai cancelli delle serre, cominciano a comparire messaggi intimidatori attraverso scritte e cartelli. E proprio come nel caso della Barbagia Flores anche in questo, i primi sospetti sembrano concentrarsi sui dipendenti dell’azienda casearia. Si tratta, in gran parte, di ogliastrini.

Forse, ma al momento resta solo una ipotesi, gli autori delle minacce arrivano proprio dall’interno dell’azienda. Forse, dietro il loro gesto, c’è il desiderio di vendicare qualche presunto torto subìto al lavoro. La storia, insomma, sembra tristemente incanalarsi nello stesso binario di intimidazioni e minacce della Barbagia Flores. Anche se alla Galydhà, sinora e per fortuna, non si erano registrati altri episodi del genere.
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