La Nuova Sardegna

Tre ergastoli per l'omicidio in diretta

Valeria Gianoglio
Un’auto della polizia davanti alla questura di Nuoro
Un’auto della polizia davanti alla questura di Nuoro

La polizia di Nuoro intercettò i killer nel Lazio: «Andiamo a uccidere»

25 ottobre 2011
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 NUORO. Poco meno di un anno fa, mentre ascoltavano a distanza, in una saletta della questura nuorese, i dialoghi di un gruppo di presunti trafficanti di droga tra la Sardegna e il Lazio, avevano messo le mani su un dialogo-bomba. «Gli voglio sparare in faccia», aveva detto uno degli intercettati. Erano seguiti spari, rumori di vetri infranti, commenti dal contenuto inquietante. Gli uomini della sezione narcotici della squadra mobile nuorese non avevano perso neppure un minuto. Ne erano certi: avevano appena sentito in diretta un omicidio avvenuto in provincia di Roma. Di lì a poco, al termine di alcuni riscontri incrociati e di una maxi spedizione nel Lazio guidata dal dirigente Fabrizio Mustaro, con il capo della sezione droga, Michele Mecca, erano riusciti ad arrestare vicino a Tivoli i quattro protagonisti di quella serata da far west. Culminata con il brutale assassinio dell'ex consigliere comunale Pdl di San Cesareo, Goffredo Farinacci. Ieri, l'epilogo giudiziario di quella vicenda nata in una saletta della questura barbaricina: i quattro in questione sono stati condannati dal gup di Tivoli su richiesta del pm Maria Gabriella Fazi. Tre di loro, ovvero Ezio Felici, di Cave, Carmelo Galici, di Ardea, e Alessio Vernarecci, di Olevano Romano, sono stati condannati all'ergastolo. Venti anni di carcere sono invece andati all'unica donna del gruppo di fuoco: Flaminia Proietti. Anch'essa grande protagonista dei dialoghi intercettati dalla quinta sezione della Mobile nuorese. Venti anni, originaria di Palestrina, in quei terribili momenti post omicidio, anziché abbozzare un timido scrupolo di coscienza, con un pizzico di stizza si era lamentata per essersi «tagliata la mano quando l'ho pugnalato alla testa». È una storia dai contorni surreali e insoliti, questa nella quale, all'inizio del novembre 2010 si infila e ne diventa la grande protagonista, la squadra mobile nuorese. La svolta inaspettata, dunque, era nata in una serata di ascolto-intercettazioni che non sembrava promettere nulla di buono. Invece succede l'inaspettato: «Gli voglio sparare in faccia» sente in diretta un poliziotto nuorese. «Bevete una grappa, dai, adesso lo uccido» aggiunge un altro. E in un minuto, nel palazzo nuorese di viale Europa, si scatena il finimondo. Bisogna capire chi sta parlando e in quale punto del Lazio è appena avvenuto un omicidio. I database delle forze dell'ordine e un'agenzia stampa sciolgono il mistero: raccontano che in un paesino della provincia di Roma, Cave, è stato trovato un cadavere carbonizzato in una Lancia Lybra. Sono i resti del povero consigliere comunale Goffredo Farinacci. Sullo sfondo di tutto, dicono gli investigatori laziali, c'è un mix di droga e conti in sospeso. Qualche giorno dopo, invece, si scoprirà che i quattro avevano sbagliato bersaglio: volevano uccidere un'altra persona. La Mobile nuorese si mette in moto. Arriva in provincia di Tivoli e dopo un inseguimento notturno riesce ad arrestare i quattro intercettati. Ieri, infine, l'epilogo giudiziario: i quattro portano a casa tre ergastoli e venti anni di carcere. «Dai, andiamo a uccidere questo» dicevano un anno fa. «Lo sparo in testa io, però».  

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