La Nuova Sardegna

Dopo il crac del San Raffaele, Shardna mette in vendita il dna di sardi

Umberto Aime
L’equipe del professor Mario Pirastru, al centro nella foto, con l’equipe dei ricercatori dello Shardna
L’equipe del professor Mario Pirastru, al centro nella foto, con l’equipe dei ricercatori dello Shardna

Il Dna di 15mila sardi è in liquidazione: la società «Shardna», proprietaria di quella banca dati, è finita stritolata nel crac del San Raffaele di Milano. E ora va tutto all’asta

09 febbraio 2012
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CAGLIARI. Il Dna di quindicimila sardi è in liquidazione. Sulla carta per le industrie farmaceutiche, vale almeno quattro milioni di euro, ma potrebbe esser venduto a un prezzo stracciato e in più c'è il pericolo che possa finire nelle mani di chicchessia, e sarebbe un disastro. Il tutto perché la società Shardna, che ha sede nel parco scientifico e tecnologico di Pula ed è proprietaria della banca dati, è finita stritolata, triturata nel crac dell'Ospedale San Raffaele di Milano. Faceva parte di quella galassia sterminata e zeppa di debiti voluta da Don Verzè, ma al momento del concordato preventivo, deciso dal tribunale di Milano, è stata scaricata e dichiarata «non interessante» prima dalla vecchia Fondazione e poi dalla nuova proprietà, il Bambin Gesù di Roma.

Shardna è in liquidazione e presto quello che resta del patrimonio sarà messo all'asta per ripianare i debiti. Ieri c'è stato un incontro fra i sindacati e l'assessore all'Industria Alessandra Zedda, è sua la competenza, il contratto di lavoro è quello dei chimici, per fermare le procedure, ridare uno stipendio ai dieci dipendenti, non lo ricevono da settembre, ed evitare soprattutto che «la bio-banca finisca sul mercato». L'impegno della Regione c'è stato, ma potrebbe non bastare. Il commissario liquidatore, Gianluigi Galletta, è già al lavoro e se non arriverà un acquirente la società sarà sciolta, è inevitabile, e il Dna venduto, anche questo scontato. Ebbene, il Dna non è uno scatolone di maglioni da piazzare ai saldi, contiene un'infinità di dati sensibili e appetibili per le multinazionali, che da quelle provette ci ricavano brevetti e farmaci, cioè soldi.

A partire dal 2000, i campioni sono stati raccolti dai ricercatori di Shardna: biologi molecolari, geneaologisti e informatici. Ovviamente il tutto col consenso degli abitanti di dieci comuni dell'Ogliastra (Baunei, Escalaplano, Loceri, Perdasdefogu, Seui, Seulo, Ussassai, Urzulei, Talana e Triei), e poi li hanno catalogati, studiati e archiviati. Adesso sono custoditi nel Banco regionale genetico di Perdasdefogu: fino a quando? Fino al giorno in cui qualcuno non chiederà di comprarli e, a quel punto, il commissario liquidatore dovrà venderli. Ma a chi? Per chi si occupa di bilanci, l'identità del compratore non può far la differenza, quello che conta, in questi casi, è solo l'entità dell'offerta, non certo chi la presenta. Il rischio è proprio questo: che quel Dna finisca sotto chissà quale controllo e soprattutto chissà per quali scopi.

Un'eccellenza.
Shardna è fondata nel 2000 da Renato Soru, allora proprietario di Tiscali e non ancora entrato in politica. È lui il socio di maggioranza con l'82 per cento delle azioni, ha investito una decina di miliardi delle vecchie lire, mentre il resto delle quote è diviso fra Banco di Sardegna, Cnr, Sfirs e la Casa di cura Tommasini. La presentazione è in grande stile, quel giorno a parlare per tutti è il primo direttore scientifico di Shardna, Mario Pirastu. Lui racconta e il mondo della ricerca applaude. Perché la neonata Spa si presenta come «la prima società in Italia che grazie all'incontro tra pubblico e privato, sarà impegnata nel settore della genomica». La mission sarà studiare l'Ogliastra: «Territorio abitato da popolazioni che sono state isolate per secoli e quindi costituiscono un modello ideale in termini genetici, demografici e ambientali per l'identificazione delle cause genetiche delle malattie multifattoriali comuni». Dovrà essere un'eccellenza, questo è l'obbiettivo, tanto che Soru dirà: «Non produrrà un euro di utile e dovrà occuparsi di debellare le malattie che colpiscono i sardi». Lo farà con gli studi sull'ipertensione e la calcolosi renali da acido urico.

Il declino.
Non tutto però va come dovrebbe. L'ingresso di Soru in politica, sarà eletto governatore nel 2004, provoca i primi contraccolpi su Shardna, che finisce nella bufera del conflitto d'interessi, insieme a Tiscali, per aver vinto tre appalti pubblici. In Consiglio, il presidente ribatterà seccato alle accuse. Nel frattempo però Shardna affanna, è in crisi, vacilla. Cambiano amministratore delegato e direttore scientifico, e soprattutto mancano i soldi. È il 2009 quando Soru, dopo aver perso le elezioni, sceglie Tiscali e mette in vendita Shardna. A comprarla, scatenando altre polemiche, è la Fondazione San Raffaele, impegnata tra l'altro nella costruzione dell'ospedale di Olbia. È Soru, come lui stesso racconterà, a proporre l'affare a Don Verzè, che compra per tre milioni di euro. È l'inizio della fine.

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