La Nuova Sardegna

L’ex 007 Anghessa: indagai su Volpe 132

di Piero Mannironi
L’ex 007 Anghessa: indagai su Volpe 132

L’interesse dei servizi segreti. «Rivoltai come un calzino il collaborante Gianni Zirottu, un personaggio complesso»

09 luglio 2012
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SASSARI. Dal vaso di Pandora del caso Volpe 132 continuano a uscire ombre che cementano il sospetto di un torbido intrigo. Se finora esistevano solo alcuni indizi che facevano intuire un intervento dei servizi segreti nella misteriosa sparizione dell'elicottero della Guardia di finanza, avvenuto a Capo Ferrato la sera del 2 marzo 1994, ora c'è qualcosa di più. Nel 1997 uomini dell'intelligence si sono mossi discretamente tra le quinte di un giallo, ancora senza verità, che è costato la vita a due sottufficiali delle fiamme gialle: Gianfranco Deriu, 41 anni di Santu Lussurgiu, e Fabrizio Sedda 27 anni di Ottana. Lo svela un personaggio discusso ed enigmatico che per anni ha collaborato sia con il Sismi (il sevizio segreto militare) e sia con il Sisde (la struttura dell'intelligence civile): Aldo Anghessa. Un uomo che si è trovato al centro di clamorosi casi come un gigantesco traffico internazionale di armi e di rifiuti radioattivi e del cosiddetto Irangate italiano, cioè la vendita all'Iran delle mine prodotte dalla Valsella.

È lo stesso Anghessa ad ammetterlo, dopo aver far fatto filtrare il suo intervento in due brevi dichiarazioni che si erano perse nell'universo digitale di internet. La prima è del 9 ottobre 2011. Anghessa commenta brevemente un articolo pubblicato dal Manifesto online che riprendeva il caso dell'elicottero scomparso a Capo Ferrato. «Nel 1996 - scrive Anghessa - mi occupai della vicenda e venni a contatto di tale signor Gianni Zirottu che fu mio ospite nella mia residenza, nel Comasco. Egli fu esplicito dichiarando che “l'elicottero era stato abbattuto'”. Mi mise anche in contatto con il suo avvocato. Adesso sembra che nei prossimi giorni il fascicolo sarà presentato al Gip. Voi della stampa dovreste battervi affinchè non ci sia archiviazione». Passa poco più di una settimana ed ecco che Anghessa ricompare sul sito internet della deputata del Pd Caterina Pes. Anche qui il suo è un breve commento a un'interrogazione della deputata democratica del 12 settembre sul caso Volpe 132 e la morte di Deriu e Sedda. La Pes chiede ai ministri della Difesa e dell'Interno che si faccia finalmente chiarezza sul giallo di Capo Ferrato dopo la secretazione della perizia del Ris sui pochi frammenti dell'elicottero trovati in mare e l'appassionata lettera al presidente Napolitano del fratello di Frabrizio Sedda, Peppino.

Il 19 ottobre compare l'intervento dell'ex 007. Scrive Anghessa: «Nel 1996 mi occupai della vicenda di Volpe132. Sarò sintetico: venni in Sardegna e parlai con vari soggetti, tra i quali Gianni Zirottu, che condussi nella mia residenza comasca, “rigirandolo”come un calzino. Era d’accordo sul fare le sue dichiarazioni all’autorità giudiziaria e mi fece parlare con un suo avvocato. Zirottu dichiarò di essere stato testimone dell'abbattimento dell'elicottero. In pratica, attendeva un carico di armi e i suoi complici in avvicinamento con un’imbarcazione avrebbero abbattuto l’elicottero. Rientrammo in Sardegna per incontrare fisicamente il suo avvocato e condurlo da un notaio per fare preliminarmente un affidavit. (Zirottu) Chiedeva delle “facilitazioni” economiche che ero in grado di dargli tranquillamente. Indi si sarebbe recato con il legale dai magistrati. Appena giunti (in Sardegna ndr) abbiamo avuto interventi e interferenze e, qualche giorno dopo, Zirottu fu incarcerato, per residui pena (sic!). Cortesi saluti, Anghessa».

Anghessa commette però un’imprecisione: Zirottu, infatti, comparve nel 1997 e non nel 1996. Si presentò nel marzo di quell’anno nella redazione della Nuova e raccontò di aver assistito all'abbattimento di Volpe 132 da parte di una banda di trafficanti internazionali d'armi, della quale anche lui faceva parte. Ma qualcosa scricchiolava nel suo racconto. Prima di tutto il luogo nel quale si sarebbe consumata la tragedia. Zirottu parlò infatti di Villasimius, ma la sua versione era smentita da quattro testimoni oculari e dai pochi frammenti rinvenuti in mare a largo di Capo Ferrato. Resta perciò da capire perché Zirottu, un passato da piccolo malavitoso e da collaboratore di giustizia, abbia lanciato certi messaggi e poi si sia rifiutato di rispondere al magistrato. Che ruolo ha avuto in questa inchiesta? C'è stato qualcuno che ha “organizzato” il suo intervento per depistare? Domande che ancora oggi non hanno una risposta.

C'è poi una circostanza che sembra confermare le affermazioni di Anghessa. Nel suo passato di 007, infatti, il suo nome in codice era “Alfa-Alfa”. E, proprio nel periodo in cui Anghessa dice di avere contattato Zirottu, un uomo del Sismi si mise in contatto con il nostro giornale dicendo che aveva «preso in carico il collaboratore di giustizia Zirottu» per portare avanti un'indagine sul traffico d'armi. E il suo nome in codice era, guarda caso, proprio “Alfa”.

Circa una settimana dopo, il misterioso “Alfa” si rimise in contatto con la redazione della Nuova e disse che le confidenze di Zirottu non avevano portato ai risultati attesi dal servizio segreto e perciò da quel momento cessava la loro protezione. Riguardo all’abbattimento di Vope 132, l’uomo del Sismi fu molto esplicito: «Sì, conosciamo la storia. Quell’affare rientra in un traffico internazionale di armi e rifiuti tossici gestito da alcune potenti logge massoniche».

“Alfa” era dunque Anghessa? E se lo era come spiega, oggi, quel suo intervento? E perché ha deciso di far filtrare solo ora quel suo intervento per conto dei servizi segreti? «Era un atto terroristico – dice oggi - e io dovevo occuparmene e sottolineo “dovevo”. Stop. Ho poi fatto il mio modesto intervento sull’onorevole Pes, nel timore che il Gip archiviasse il tutto. Ultimo errore di una lunga catena di errori».

Poi l'ex agente segreto aggiunge: «Zirottu mi diede un sacco di informazioni e dettagli che a me risultavano coerenti. Il personaggio era parecchio complesso. “Sardo” nei suoi silenzi come nelle sue dichiarazioni. Si concordò di andare da un notaio dove Zirottu avrebbe dichiarato e specificato tutto ciò che conosceva sui fatti. Lui in cambio avrebbe ricevuto una garanzia, non denaro contante, e l’ impegno di essere tutelato fisicamente e legalmente se ci fossero state risultanze su quanto asseriva. Devo dire che, dopo averlo interrogato più e più volte, era parso ragionevolmente credibile. Oltretutto, la sua era una confessione, se pure parziale. La sua “vacanza” nella mia residenza fu di circa una settimana». «Tornati in Sardegna – conclude Anghessa - per il famoso avvocato le cose si complicarono. Ci furono interventi scombicchierati da parte di personale dei carabinieri. Tanto confusionario quanto banale. Poi, “dulcis in fundo”, dopo interventi finalizzati a covincermi a “lasciare perdere”, Zirottu venne arrestato per un residuo di pena e mi fu fatto intendere che sarebbe stato salvaguardato per usufruire della sua collaborazione. Questo è tutto quanto posso dire adesso».

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