La Nuova Sardegna

Incontrare il mondo per perdere la paura La ricetta di Angela

di Silvana Porcu
Incontrare il mondo per perdere la paura La ricetta di Angela

di Silvana Porcu È partita da Ghilarza con l’intenzione di raccontare il mondo. E oggi Angela Corrias fa la reporter di viaggio da posti lontani e poco turistici, per descrivere volti e storie che...

17 agosto 2013
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di Silvana Porcu

È partita da Ghilarza con l’intenzione di raccontare il mondo. E oggi Angela Corrias fa la reporter di viaggio da posti lontani e poco turistici, per descrivere volti e storie che raramente trovano spazio nelle guide. La Cina, l’India, il Brasile, persino l’Iran, anche se tutti l’avevano invitata a ripensarci. I suoi reportage in inglese finiscono su testate di ogni parte del mondo: il Global Times in Cina, Nomad e Literary Traveler negli Stati Uniti. Un’agenzia di stampa iraniana traduce i suoi articoli in lingua farsi. Tutto quello che resta fuori dai giornali finisce sul suo blog, “Chasing the Unexpected”. Dopo la laurea a Roma in Scienze della Comunicazione a indirizzo giornalistico, il sogno di raccontare il mondo si è scontrato con la realtà: «Ero convinta che un giornalista viaggiasse molto – ammette Angela Corrias – ma ho capito che mi sbagliavo: è quasi un lavoro d’ufficio».

Eppure non si è persa d’animo: la volontà c’era, ma la crisi chiudeva le porte prima ancora che si potesse bussare. «A 25 anni – spiega – mi sono detta: andiamo a imparare bene l’inglese, così il mercato del lavoro si amplia». Due anni a Dublino, altri due a Londra, e poi via di nuovo: «Ho capito di voler viaggiare in maniera più stabile e ho iniziato a fare la nomade. Non tanto per trovare la destinazione sconosciuta, quanto piuttosto per scovare un angolo o un aspetto di un luogo di cui nessuno parla. Amo interagire con la gente del posto, mi piace ascoltare le loro storie. Ognuno ha qualcosa di unico». Il viaggio inizia prima della partenza, con uno studio approfondito della meta: «Cerco informazioni sui posti interessanti. Quando sono lì cerco di fare amicizia con le guide, così da avere il contatto diretto con una persona del posto. La prima cosa che cerco sono i mercati, dove hai occasione di scambiare quattro chiacchiere con i locali». In Cina è stato quasi amore a prima vista: «Era da un po’ che pensavo di studiare la società cinese e mi sarebbe piaciuto studiare la lingua. Ci sono rimasta un anno. Pur non parlando il cinese, che è molto difficile da imparare, la vita è organizzata talmente bene che è tutto semplice. I cinesi poi sono molto socievoli, è stato un anno da sogno». Altre esperienze non sono state così rosee. Quando in India ha avuto un avvelenamento da cibo se l’è vista brutta per un paio di giorni «Ma è stata l’unica esperienza negativa – dice serenamente – e ancora oggi l’India resta il paese che più mi ha colpita. È quasi una realtà parallela. La loro religione è davvero parte integrante della società: per loro è come se non ci fosse altro modo di vivere. Ci sono stata tre volte e sto pensando alla quarta: resta un paese difficile da capire, ed è per questo che mi incuriosisce». A spingere i suoi viaggi c’è questa voglia costante di capire, conoscere, abbattere i pregiudizi. Quando aveva deciso di andare in Iran, per esempio, si era scatenato il finimondo: amici e familiari in apprensione le avevano chiesto con insistenza di rinunciare per paura di qualche bombardamento. «Ovviamente avevo già dei contatti lì – dichiara la reporter – Sapevo che non sarebbe successo niente. Anzi, al mio rientro ho consigliato a qualche amico di andarci in vacanza». Tra un viaggio e l’altro c’è sempre la Sardegna, che oggi è diventata per lei un tesoro di storie popolari e di grandi uomini da raccontare, da Gramsci a Pino Sciola.

L’importante è confrontarsi sempre con qualcosa di diverso: «Viaggiare e vivere in altri paesi – aggiunge – ti insegna a essere umile. Arrivarci con la convinzione di sapere tutto significa non imparare niente. Quando arrivi lì sei tu la straniera. Certo, se vuoi vivere in posti come l’India nello stesso modo in cui vivi in Sardegna non c’è modo. Non puoi sopravvivere. Devi adattarti. Credo che se tutti viaggiassero di più ci sarebbero meno conflitti, meno razzismo. Perché capisci che in tutti i paesi, per quanto diversi, vivono esseri umani. E come ci vivono loro, ci vivi tu. Il razzismo è sempre paura dell’ignoto. Basta incontrare le persone e passa la paura».

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