La Nuova Sardegna

Don Cannavera: fare strada ai poveri senza farsi strada

di Alessandra Sallemi
Don Cannavera: fare strada ai poveri senza farsi strada

Le parole del Papa sulla degenerazione dell’assistenza aprono un nuovo fronte Franca Pretta Sagredin: «Lo Stato deve dare risposte ai diritti di tutti i cittadini»

24 settembre 2013
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CAGLIARI. «Farò una lettera a Francesco proprio su questo tema entro la settimana». Così Salvatore Usala malato di Sla dopo che alla televisione ha ascoltato le parole del Papa sulla dimenticanza dei più bisognosi, sull’assistenzialismo che non è una vera promozione degli esseri umani e su coloro che si sentono belli perché fanno carità. L’appello del Papa diventa una griglia per valutare le politiche sociali e per individuare i loro difetti. Uno balza agli occhi: i tanti soldi spesi, i programmi avviati, le iniziative che riescono a prendere corpo non hanno osservatori permanenti di verifica sul risultato. Non si accerta, in altre parole, quanto bene abbiano fatto ai destinatari progetti e finanziamenti. Di sicuro, però, il macchinone degli apparati ha tenuto in vita se stesso. Non è una tema nuovo, quello affacciato dal Papa, ma l’emozione che Francesco riesce a creare dà una spinta tutta nuova alla soluzione di problemi radicati. Che fare, allora?

Franca Pretta Sagredin è la coordinatrice regionale di Cittadinanzattiva/Tribunale del Malato: «Lo Stato ha l’obbligo di dare corso ai diritti dei cittadini. La carità non è un modello di risposta ai bisogni delle persone. La politica deve mettere al centro del suo agire i diritti, un richiamo, quello del Papa, che vale per tutti, cristiani e no. Noi abbiamo ancora una spazio per fare buona sanità, ma bisogna mettere tutti in condizione di accedere alle cure e quando un padre di famiglia guadagna 25 mila euro e ha figli sopra i 6 anni, ha più difficoltà di altri perché i ticket non li può pagare. Il sistema sanitario, ormai, non è più universalistico: la politica ne prenda atto, e provveda».

Artuto Parisi già ministro della Difesa e ordinario di diritto Costituzionale: «Troppo spesso dimentichiamo che gli ultimi stanno dietro di noi, e quando pure nella distribuzione delle risorse comuni ci apriamo ai bisogni degli altri ci assicuriamo che questo non metta a rischio il nostro benessere. Ci sono momenti nei quali è necessario che qualcuno faccia un passo indietro perché altri possano farne uno avanti».

Franco Siddi segretario generale della Federazione nazionale della stampa: «Questo grande Papa ha proposto qualcosa di più di una pedagogia del cristiano, nessuna sua parola va sprecata. Vale anche per i giornalisti: nel mondo della comunicazione quanto ha detto deve portare a una riflessione sul modo di informare perché troppo spesso per vanità, per omologazione a modelli imperanti si inseguono chiacchiere e aspetti marginali. Le persone più deboli sono quelle meno illuminate dall’informazione. Non a caso da tempo si lanciano appelli affinché gli invisibili siano tolti dalle tenebre e i responsabili della vita pubblica adottino soluzioni».

Don Ettore Cannavera responsabile della comunità La Collina: «Diceva don Milani: fare strada ai poveri senza farsi strada. Ebbene molti di noi che non riescono a fare strada in altri ambiti fanno strada strumentalizzando i poveri. È giusto aiutare i poveri, ma bisogna lavorare affinché non siano più tali. Quando il mondo del volontariato va a braccetto col mondo politico non riconosce i diritti di queste persone. Certe forme di assistenza sono funzionali a un certo tipo di politica. Ci vorranno anni perché passi questa cultura portata dal Papa sul no all’assistenzialismo. Dobbiamo fare autocritica dentro di noi e fra di noi: il Papa ha detto di aprire i conventi ai poveri e ai rifugiati, non basta dire che si è d’accordo, se si hanno beni bisogna metterli a disposizione, la Chiesa non è povera, è uno degli enti che possiede di più. Dobbiamo dare testimonianze concrete di un cambiamento».

Ugo Bressanello è il presidente della Fondazione Domus de Luna: «Non è aumentando i budget che si risolvono i problemi, bisogna controllare costantemente che i soldi rendano al massimo e che gli obiettivi perseguiti siano strutturali. È indispensabile introdurre una valutazione degli interventi e poi bisogna rendere trasparente il tragitto dei soldi: invece troppo spesso non si capisce dove vadano. Credo si debba dire basta alle persone che affermano “facciamo del bene”, bisogna tutelare diritti primari, non assistenza pietistica ma promozione dei diritti, le persone devono acquistarne consapevolezza e devono chiederne il rispetto. Il mantenimento del bisogno allo stato primitivo è diventato un meccanismo. Per cambiare ci vuole una rivoluzione culturale. Mi auguro che questa avvenga anche dentro la Chiesa».

Vittorio Dettori è professore di Economia a Cagliari: «Mettere l’uomo al centro del mondo e non il denaro: è una posizione ultradecennale della Chiesa. Il denaro deve essere strumento e non scopo dell’esistenza: è un aspetto cristiano perfettamente compatibile con l’economia. Anzi, mettere i soldi al centro fa commettere errori ben noti alla scienza economica stessa».

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