La Nuova Sardegna

Elicottero Volpe 132 abbattuto, dopo 20 anni delitto senza colpevoli

di Piero Mannironi e Pier Giorgio Pinna
Elicottero Volpe 132 abbattuto, dopo 20 anni delitto senza colpevoli

L'USTICA SARDA - Feraxi, resta l’imputazione di duplice omicidio volontario a carico d’ignoti Poche brecce nel muro di silenzio sull’A-109 Agusta sparito con i 2 finanzieri

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04 marzo 2014
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SASSARI. Le uniche certezze sono che due uomini dello Stato sono stati uccisi e che per vent'anni forze oscure hanno agito nell'ombra per nascondere come e perché questo sia accaduto. Forze potenti e insinuanti che hanno depistato, inquinato e nascosto prove, intimidito e spiato. È come se il segreto da proteggere fosse così importante, così terribile e inconfessabile, da oscurare il dovere morale e giuridico di far conoscere cosa sia avvenuto nel cielo di Capo Ferrato la sera limpida e fredda del 2 marzo 1994, quando l'elicottero A-109 della Finanza, nome in codice Volpe 132, con a bordo il maresciallo Gianfranco Deriu e il brigadiere Fabrizio Sedda, fu inghiottito in un abisso buio di silenzio.

Ci sono voluti 17 anni perché la procura della Repubblica di Cagliari arrivasse a rubricare sul fascicolo dell'inchiesta l'ipotesi di reato di duplice omicidio volontario. Ben 17 lunghissimi anni per accertare che su quei pochi pezzi di metallo accartocciato trovati nel mare a largo di Feraxi c'erano le tracce di una miscela esplosiva che riconduceva a una spaventosa verità: Volpe 132 è stato abbattuto. L’inchiesta sull’Ustica sarda è andata avanti tra lunghissimi periodi di latenza e improvvise fiammate, sfiorando più volte la sconfitta dell’archiviazione per poi ripartire e ancora una volta arenarsi.

Un gioco di specchi. Dopo vent’anni è però lecito aspettarsi un’evoluzione delle indagini. Perché sul tavolo sono ormai tantissimi gli elementi che, messi insieme con coerenza logica, possono semplificare l’artificioso e infinito gioco di specchi nel quale si sono perse le vite del maresciallo e del brigadiere. Ci sono cioè tutti gli elementi per cominciare a smascherare quell’ambiente melmoso che lavora da anni per far naufragare l’inchiesta. E scoprire chi cerca di nascondere la verità alla stessa magistratura e il primo fondamentale passo per capire chi ha ucciso Deriu e Sedda.

Prima di tutto oggi è possibile sapere chi e con quali motivazioni, nel giugno del 1994, chiese alla presidenza del Consiglio dei ministri di seppellire con il segreto di Stato la relazione della Commissione militare sulla sparizione di Volpe 132. Quale alto interesse del Paese si voleva tutelare nascondendo alla magistratura una relazione di 40 cartelle che, una volta scardinato dalla magistratura il tentativo di occultamento, si è dimostrata lacunosa e contradditoria e soprattutto non approdava ad alcuna conclusione? Ma soprattutto una relazione che non aveva neppure preso in considerazione i testimoni che avevano visto l’elicottero precipitare a Feraxi, proprio dove un misterioso mercantile era alla fonda da tre giorni.

Questo è un punto nodale delle indagini perché si tratta del primo tentativo di oscuramento della verità. Ma è soprattutto una circostanza, posta con forza dal deputato di Sel Michele Piras in un intervento parlamentare presentata nei mesi scorsi (finora sono state sei le interrogazioni), alla quale il Governo può e deve dare una risposta.

Il ruolo della portacontainer. Oggi c’è anche la possibilità di tracciare un confine netto tra verità e menzogna, tra le testimonianze credibili e quelle intossicanti. Per esempio, i racconti di Giovanni Utzeri, Gigi Marini, Antonio Cuccu e Giuseppe Zuncheddu sono univoci e concordanti: Volpe 132 arrivò nella baia di Feraxi, a poca distanza da Capo Ferrato, e precipitò con un boato dopo aver sorvolato una nave che poi scomparve nella notte. Impossibile, adesso, non tener conto di alcune testimonianze che invece negano la presenza nella rada della portacontainer, identificata da Antonio Cuccu nella Lucina, della flotta Sagittario.

Eppure decine di persone in zona hanno confermato la sua presenza. Di più: la portacontainer era conosciuta da tutti in quegli anni perché, sempre nello stesso periodo, compariva davanti a Capo Ferrato dove restava alla fonda per alcuni giorni.

Un traffico coperto. Una nave che, poco più di tre mesi dopo l’abbattimento dell’elicottero della Finanza, fu teatro di un’orrenda mattanza nel porto algerino di Djendjen: i sette uomini dell’equipaggio furono sgozzati e sparirono 600 tonnellate di carico. Sulla Lucina, secondo le rivelazioni del gladiatore di Cabras Nino Arconte, si sarebbe dovuto imbarcare anche un superagente segreto, Gaetano Giacomina, che scomparità qualche anno dopo misteriosamente nell’arcipelago del Capo Verde.

Appare del tutto evidente che quel mercantile è la chiave del mistero di Volpe 132 e, verosimilmente, ha un ruolo, se non addirittura responsabilità, nel suo abbattimento. Un cargo che non poteva essere dove era, perché si trovava all’interno dell’area a mare del poligono interforze del salto di Quirra. Strana coincidenza: i radar del poligono quella sera erano tutti ciechi...

Molti elementi concorrono a ipotizzare uno scenario nel quale l’elicottero di Deriu e Sedda si sia trovato nel mezzo di un traffico illecito coperto. Probabilmente di armi, ma forse anche di scorie radioattive. Vistisi scoperti, i trafficanti avrebbero reagito sparando un missile terra-aria per eliminare due testimoni scomodi. C’è un elemento forte che corrobora questa ipotesi: alcune persone hanno riferito che la linea di galleggiamento della portacontainer in quei giorni si abbassava progressivamente. Prova evidente di operazioni di carico che avvenivano di notte, protette dall’oscurità.

Ma l’elenco delle stranezze in questa storiaccia di misteri e di morte è lunghissima: dall’«impossibile» silenzio di quasi 50 minuti nelle comunicazioni radio tra Volpe 132 e la base, al ruolo mai del tutto chiarito della motovedetta G.63 Colombina che doveva cooperare con l’A-109 Agusta nella missione del 2 marzo ’94, alla certezza che la carcassa dell’elicottero è stata trascinata lontano dal luogo in cui era caduto.

Il velivolo gemello. E infine il furto di un elicottero identico avvenuto nella zona industriale di Oristano pochi giorni dopo la sparizione dell’A-109 della Guardia di finanza. Il velivolo fu poi ritrovato qualche settimana dopo grazie alla soffiata di un collaboratore di giustizia. Indagini giornalistiche provarono poi che quell’elicottero era gestito da una società, la Wind Air, guidata da un fantasma (un certo Costantino Polo) e con sede a Roma in uno stabile del ministero dell’Interno. Impossibile non pensare a una società di copertura dei servizi segreti. Com’è impossibile non leggere l’incredibile coincidenza del secondo elicottero sparito con un tentativo di depistaggio. Magari utilizzando suoi pezzi per far credere che «l’incidente» fosse avvenuto altrove.

Dopo vent’anni, dunque, non c’è ancora verità. Una ferita dolorosa per la democrazia.

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