Mappa dei veleni, Porto Torres e Sassari peggio di Taranto
I Medici per l’ambiente analizzano gli ultimi dati scientifici e rivelano: «Anche nel capoluogo la mortalità è più alta che nelle aree intorno all’Ilva»
SASSARI. Veleni e inquinamento? Porto Torres e Sassari come Taranto. O peggio. «Da noi i dati sulla mortalità per tumori polmonari sono più gravi che nelle aree attorno all'Ilva»: la denuncia si basa sugli ultimi elementi offerti dalla ricerca nel nord-ovest dell'isola e viene rilanciata dal radiologo sassarese Vincenzo Migaleddu, presidente regionale dell'Isde, l'associazione Medici per l'ambiente. Una denuncia, la sua, che conferma la stretta correlazione tra inquinamento e insorgenza di pericolose malattie. Oltre che mettere in luce, documenti ufficiali alla mano, il costante aumento dei carcinomi femminili. Con tassi più elevati delle medie regionali, schizzati dal 13 al 49 per cento tra il 2002 e il 2010. Una situazione fondata su parametri incrociati che derivano da almeno tre piattaforme d'indagini. Lo studio Sentieri dell'Istituto superiore di sanità, innanzitutto. Un report esteso al settentrione sardo sull'incidenza dei carcinomi polmonari, in secondo luogo. E poi le più recenti rilevazioni fatte dall'Arpas nella darsena di Porto Torres. «Che dimostrano – sostiene il medico – un aumento del benzene in aria e nell'acqua del mare».
In prima linea. Migaleddu riprende in maniera più approfondita il filo dell'intervento pronunciato l'altro ieri a Sassari, nella sede del Wwf, davanti agli ecologisti dei Comitati del no. Una serie d'allarmi, dice, «ignorati da gran parte della classe politica locale e collocati sotto traccia dalle multinazionali che nell'isola non hanno mai cominciato davvero le operazioni di bonifica».
L’analisi. In passato questo stesso tipo di ricerca nell'isola - oltre che l'area Porto Torres-Sassari e i suoi complessivi 142mila abitanti - aveva coinvolto i circa 260mila residenti nel Sulcis-Iglesiente-Guspinese, compresa la zona di Sarroch, quasi ai confini con l'àmbito comunale di Cagliari. In quel caso, tra il 1995 e il 2002, mancando nel sud-ovest sardo come nella gran parte dell'isola la Rete dei tumori, ci si era basati sui decessi derivanti da determinate patologie e li si era incrociati coi numeri di ricoveri e altre evidenze sanitarie. Inquietante il risultato finale, pubblicato solo nel 2011: un eccesso di mortalità per patologie all'apparato respiratorio e malformazioni in neonati che presentavano maggior possibilità della media degli altri bimbi sardi di ammalarsi. Oggi per il Sulcis non ci sono elementi di raffronto perché manca sempre il Registro tumori e nell’area non è stato possibile avere accesso ad altri dati utili.
L’evoluzione. Il confronto è invece stato fatto, da parte di Sentieri, per Sassari-Porto Torres. «Perché da noi il Registro dei tumori esiste, ma nel "lavoro" dell'Istituto superiore di sanità più aggiornato non è stato possibile valutare la posizione epidemiologica dei bambini a causa di una carenza di finanziamenti: un vero peccato, dato che per portarla a termine sarebbero stati sufficienti appena 350mila euro _ spiega il presidente dell'Isde _ Comunque, venendo all'esito delle indagini, già nel 2011 era stato reso noto per gli anni sino al 2002 un eccesso di mortalità, in particolare causato da tumori, rispetto alle medie Istat di altre zone della Sardegna. Ma adesso, attraverso Sentieri, veniamo a sapere che nei territori comunali di Sassari e Porto Torres sono stati registrati nuovi dati preoccupanti dal 2002 al 2010 nella terza e ultima edizione del report». Questi sviluppi si sono conosciuti solo qualche giorno fa, un po’ in sordina, dopo la pubblicazione dell’indagine sulla rivista online dall’Associazione degli epidemiologi italiani, gli specialisti che analizzano sul territorio la diffusione tra la popolazione delle malattie.
Gli esami. «Con ogni probabilità restano più esposti i quartieri vicini alla zona industriale turritana e i rioni sassaresi più sottovento rispetto a maestrale e tramontana», commentapMigaleddu: «Sì, perché nel 2011 era stato constatato un eccesso di mortalità in rapporto ad altre località dell'isola tanto per gli uomini quanto per le donne, con ampie evidenze su tumori polmonari e all'apparato respiratorio in genere. Ora si nota un eccesso generalizzato: l'inquinamento non crea solo carcinomi, ma contribuisce all'insorgenza di patologie cardiache e cerebro-vascolari. Fenomeni che vedono il sesso femminile più colpito di quello maschile».
Maggiori rischi per le donne. Qualche dettaglio aiuta a capire meglio il quadro legato a Porto Torres-Sassari. Sino al 2011, presa come base 100, l'eccesso di mortalità generale era pari a 109 per gli uomini e a 115 per le donne. Quello derivante da tumori rispettivamente pari a 106 e a 113. I decessi erano stati 4.357 (contro un dato regionale, in proporzione, di 3.788). Nello studio aggiornato al 2002-2010 il numero generale è pari a 106 per i due sessi, quello limitato alle sole cause oncologiche a 107 per gli uomini e a109 per le donne. «Di fatto però non c'è stata una riduzione della mortalità né per gli uni né per le altre _ sottolinea il presidente dell'Isde _ Anzi, risulta un incremento dei tumori maligni all'apparato respiratorio: 108 per i maschi, 149 per le femmine. Una situazione che trova conferma in altre ricerche».
La Puglia. «Ed è perciò che si può fare un ragionamento in parallelo con Taranto _ estende il discorso Migaleddu _ Nelle aree più vicine all'Ilva l'eccesso di mortalità è di 121 per gli uomini e 127 per le donne. Ma a Sassari e a Porto Torres, con la diminuzione delle attività produttive pesanti, quei valori sarebbero dovuti diminuire. Invece si è costretti a registrare un aumento degli adeno-carcinomi e un incremento di decessi».
Le cause. «Il che si spiega con due ragioni di fondo _ sostiene il medico _ Da una parte, il maggiore coinvolgimento femminile attesta come l'inquinamento ambientale non sia circoscritto alla sola industria. Dall'altra, mostra come le donne siano più esposte al pericolo di tumori quando, come nel nord-ovest sardo, il loro assetto ormonale è costretto, per difendersi, a liberare enzimi alla base dei processi di detossificazione. Una reazione naturale ai fattori inquinanti che in genere crea benefici all'organismo. Ma che a volte mette in moto processi metabolici in grado di contribuire a generare carcinomi». «Insomma, purtroppo la conclusione è una sola: restare sistematicamente esposti al benzene e ad altri veleni causa una possibilità di ammalarsi di tumore, e di morire, molto superiore», afferma in ultima analisi Vincenzo Migaleddu.
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