Muledda: «Isola sovrana associata all’Ue»
Proposta dei Rossomori per la Regione. Maninchedda: «Mancano le grandi visioni politiche»
CAGLIARI. Che cosa chiede la Sardegna all’Europa? E’ la madre di tutte le domande su cui si sono confrontati ieri il leader dei Rossomori Gesuino Muledda, promotore dell’incontro, Antonello Cabras (Pd), Luciano Uras (Sel), Paolo Maninchedda (Partito dei sardi). Muledda prende spunto dalla lezione di Mario Melis, «sintesi di un’esperienza politica e culturale che ha segnato la storia autonomistica». E se Mario Melis sosteneva - come ha ricordato Paolo Mureddu (Rossomori) - che la Sardegna è il luogo da dove guardare il mondo, l’orizzonte dei sardi non può che essere l’Europa. Ma considerato che gli stessi Stati nazionali sono in via di superamento, il concetto si modifica: «Gli Stati-Nazione sono morti e la Sardegna deve stare dentro l’Europa come regione associata», spiega Muledda, «si devono trovare nuove forme di rappresentazione». La tesi dei Rossomori è chiara: nessun separatismo, nessun isolazionismo, piuttosto, attraverso processi democratici, può prendere corpo uno «Stato sovrano» che si associa in Europa, (naturalmente rinunciando alle Difesa o alla Politica estera).
Per fare questo occorrono soggetti politici forti e Muledda avanza la proposta, peraltro già ipotizzata dai sovranisti per l’evoluzione della maggioranza che ha eletto Pigliaru alla presidenza della Regione: «Abbiamo bisogno che nasca un forte partito di governo sovranista». Alla coalizione che guida la Regione, i Rossomori lanciano un avvertimento: «Deve percepire qual è la vera emergenza: la povertà, il lavoro, il fatto che le imprese sarde dal 2007 a oggi sono in rovina. La coalizione deve trovare la strategia, attivare la spesa utilizzando i fondi che non si utilizzano. L’edilizia è importante ma è ancora più importante la qualità dell’insegnamento». Per la svolta non serve la cogestione - è la tesi dei Rossomori, ma è indispensabile il coinvolgimento di sindacati, giovani, donne, Università.
Paolo Maninchedda, leader del Partito dei sardi, va al nocciolo della questione: «Se il tema è quello di far nascere un grande Partito non ho difficoltà a ragionane con Uras e Cabras, (entrambi presenti, Ndr), ma il primo problema è il rapporto competitivo con lo Stato. Renzi mette 80 euro nelle buste paghe ma sottrae 75 milioni di euro dal bilancio della Regione. Il problema della Sardegna è che oggi è in difetto di “grandi visioni”, eppure di fronte alla globalizzazione e allo stravolgimento del modo di concepire anche le persone, dobbiamo avere idee nuove».
Il vero tema proposto da Paolo Maninchedda è dunque: «Come la Sardegna può aumentare la propria ricchezza»? Questo mentre il sistema istituzionale non è ordinato, «anzi pezzi dello Stato sono in competizione e nelle regioni c’è una sorta di guerra civile tra Comuni e Province tra Regione e altri livelli». Un sistema da riportare in ordine: «Ma non è facile perché gran parte delle attività della Pubblica amministrazione», dice Maninchedda, «è dominata dalla paura». Luciano Uras, senatore di Sel, si rifà al tema del convegno e ai discorsi di Mario Melis. In uno di quei passi, il leader sardista parlava dell’impunità, del grande saccheggio compiuto dai gruppi imprenditoriali-finanziari. «Un discorso che Melis fece nel 1978 e che è attualissimo», dice Uras. Allora spetta ai cittadini «non cedere la propria sovranità» e come esercitarla se non andando a votare? Muledda sorride e invita i Rossomori «a votare a sinistra alle prossime europee». Antonello Cabras non condivide completamente l’analisi dei Rossomori: «Credo che non ci sia una base comune condivisa. Ci sono tante ipotesi da raccogliere». Introduce così il tema della velocità, caro a Renzi: «E’ vero il tempo non consente lentezze ma il punto è che prima devi scegliere la strada da fare». In Sardegna le strade mancano e non solo in senso metaforico: «I cicli politici durano poco», avverte Cabras, «prepariamoci a non costruire un voto solo in funzione delle elezioni».
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