Azzena ha aperto la porta agli assassini
I killer spietati hanno strangolato e finito a colpi di spranga le vittime Ripulito il luogo dell’omicidio e spostati i corpi per sviare le forze dell’ordine
TEMPIO. I boia che hanno barbaramente ucciso Giulia Zanzani, il marito Giovanni Maria Azzena e il figlioletto Pietro, dodici anni compiuti appena un mese fa, non hanno mostrato alcuna pietà. Per oltre un’ora avrebbero tenuto nel terrore la donna e suo marito: la coppia si era vista fiondare dentro casa quelle sgradite persone che, pare ormai da diversi mesi, preoccupavano Giovanni Maria con le loro inquietanti e oscure minacce. Le stesse persone che, poco dopo le 13 di sabato, hanno bussato alla porta degli Azzena facendo irruzione nell’abitazione di via Villa Bruna per un chiarimento a muso duro, un drammatico faccia a faccia che avrebbe fatto scattare la molla della furia omicida, consumatasi nel salottino di casa. Gli sconosciuti assassini (ad entrare dentro quella abitazione al secondo piano di una palazzina del centro storico di Tempio casa sarebbero almeno due persone, mentre una terza avrebbe attesa sulla strada, in via Villamarina) hanno discusso animatamente con la coppia ma, alla prima insofferenza, avrebbero reagito con inaudita violenza rendendo inoffensiva prima la donna, colpendola alla testa con un qualcosa di molto duro (un’arma impropria trovata dentro casa, portata via dagli assassini) e stringendole attorno al collo un cavo elettrico recuperato nel salotto. Poi avrebbero rivolto le loro orribili attenzioni al marito, il quale era stato imbavagliato dopo essere stato stordito dai colpi di spranga. Qualunque fosse lo scopo che li aveva portati dentro quella casa, a quel punto, era stato abbondantemente superato dagli eventi. Cosa volessero o cercassero coloro che non hanno esitato a passare un cavo di computer al collo di un bimbo che, appena rientrato a casa dalla scuola, si è trovato davanti i demoni che lo hanno fatto volare in cielo non è ancora chiaro. Ma doveva essere qualcosa di molto importante, tanto da spingerli al delitto, e le indagini avviate dai carabinieri dovrebbero a breve dare una risposta a questo e molti altri dubbi. I boia che non hanno mostrato pietà neppure davanti allo sguardo perso e terrorizzato di Pietro, il bambino di dodici anni che aveva appena salutato gli amici di scuola, avrebbero quindi cambiato (anche questo è uno dei punti su cui si stanno approfondendo le indagini) la scena del delitto, trasportando di peso dal salotto al tinello, posto davanti alla porta d’ingresso, i tre corpi ormai senza vita. Sarebbe questa la terribile sequenza di morte sulla quale stanno alacremente lavorando gli uomini delle squadre investigative dei carabinieri di Tempio del nucleo provinciale di Sassari e gli esperti in rilevazioni scientifiche del Ris di Cagliari. La genesi del massacro portato a segno in via Villa Bruna, il vicolo del centro storico dove sabato pomeriggio si è consumata la terribile mattanza, collegabile ad una vendetta, comincia a prendere forma. Chi è arrivato, pare da oltre Tirreno (ma le indagini non tralasciano la piste isolane, compresa quella locale) dentro l’appartamento dei coniugi Azzena non avrebbe avuto lo scopo premeditato di uccidere, ma soltanto l’intenzione di incutere un immenso terrore in quella famiglia per saldare un conto o mettere riparo ad uno sgarro oppure, questa la tesi più accreditata, recuperare qualcosa di valore. Uno degli altri dubbi degli investigatori è se il delitto sia maturato nei vecchi ambienti dell’usura che bazzicava Giovanni Maria Azzena oppure se sia riferibile alle frequentazioni attuali della vittima. Il triplice delitto sarebbe stato messo a segno tra le 13 e le 15, quando la coppia è rimasta in balia degli aguzzini. L’unico ad essere scampato a quella strage è Toldo, il piccolo Fox Terrier di Pietro che da tempo soffre di una forma di cardiopatia ed è stato reso sordo da una malattia alle orecchie. Il cagnolino, che si trovava nel terrazzino dell’attico, non si sarebbe reso conto di nulla ed è stato trovato a tarda notte, dai carabinieri, una volta che la strage era stata scoperta, poco prima delle 23 di sabato, dalle sorelle di Giovanni e Giulia, Antonella e Alessandra, le quali avevano raggiunto insieme l’abitazione dei loro parenti, preoccupate per il lungo silenzio telefonico. L’ora del delitto è stata parzialmente ricostruita dagli investigatori sulla base di dati certi. La chiusura, poco dopo le 13, del negozio di calzature della coppia in via Villamarina, sotto casa, e l’arrivo dalla scuola media del piccolo Pietro, attorno alle 13 e 30. Da quel lasso di tempo la famiglia sarebbe rimasta nelle mani degli aguzzini. Pietro, appassionato di calcio, avrebbe dovuto raggiungere la sede della scuola calcio “Civitas” alle 15.30, ma non si è presentato all’appello. Il negozio di calzature della famiglia, sulla via Villamarina, era rimasto chiuso, ma questo non aveva creato preoccupazione tra i tanti commercianti vicini, i quali conoscevano le abitudini di Giulia e Giovanni, che a volte saltavano le aperture pomeridiane del sabato. «Sono stati da me la mattina, per fare colazione e all’ora dell’aperitivo, ma di pomeriggio non li ho notati», ha raccontato Fausto, titolare con i familiari del Bar Museum, il locale frequentato dalla coppia. «Giovanni l’ho incrociato prima di pranzo in via Roma – racconta un’altro conoscente – ma era una cosa frequente, alla quale non ho fatto caso». Nessuno, a Tempio, poteva immaginare che quell’uomo dal passato torbido e burrascoso stava andando incontro alla morte, portandosi dietro tutta la sua famiglia.
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