La Nuova Sardegna

Segni di pentimento nelle parole di Frigeri

di Giampiero Cocco

L’uomo avrebbe rivelato agli inquirenti di provare rimorso per il piccolo Pietro All’origine del triplice omicidio ci sarebbe una furiosa lite con una delle vittime

26 maggio 2014
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TEMPIO. A una settimana dalla strage di Tempio prende corpo, tra gli investigatori, l’agghiacciante consapevolezza che il triplice omicidio sia la conseguenza della violenta quanto banale lite scoppiata tra l’assassino e una delle sue vittime. Poi gli eventi sono precipitati, in una progressione di lucida follia, terrore e sangue. Il rimorso che Angelo Frigeri ha manifestato, tra le tante versioni raccontate agli inquirenti, era riferito alla più piccola delle sue vittime, Pietro. Il quale, quel giorno, era rimasto a Tempio casualmente, soltanto perché doveva partecipare agli allenamenti del torneo di calcio degli esordienti, i pulcini dei galletti del Tempio. I riscontri delle investigazioni portate avanti dagli uomini del comando provinciale dei carabinieri di Sassari e dai colleghi del nucleo investigativo di Tempio guidati dal capitano Giovanni Bartolacci hanno messo dei punti fermi sull’angosciante caso che ha tenuto con il fiato sospeso l’intera Gallura, la cui popolazione era angosciata nel sapere in libertà un feroce assassino e i suoi presunti complici. Nulla di tutto questo. Angelo Frigeri, stando agli accertamenti e ai rilievi sinora compiuti, ai quali si aggiunge una parziale ammissione, sarebbe l’unico esecutore della strage di Tempio, una mattanza compiuta per una alzata di testa e un violento quanto improvviso litigio che avrebbe avuto con Giulia Zanzani, alla quale aveva chiesto la restituzione immediata dell’auto, la Golf Gti nero brillante che Frigeri aveva consegnato a Giovanni Azzena perché ne curasse la vendita. L’autovettura era diventata un’ossessione per il presunto assassino, che quel maledetto sabato mattina ne aveva insistentemente chiesto la restituzione a Giovanni Azzena. Il quale, per prendere tempo, lo aveva indirizzato verso la moglie, con la quale Angelo Frigeri aveva parlato per due volte al telefono, prima di entrare dentro l’abitazione di via Villabruna. Un incontro burrascoso, conclusosi con una lite tra i due e l’esplosione di violenza di Angelo, che avrebbe aggredito la donna alle spalle colpendola alla testa con una sbarra, la stessa arma contundente con la quale avrebbe steso, con un colpo un piena fronte Giovanni, accorso nel salone alle urla della moglie. L’ultimo a essere ucciso sarebbe stato il bambino, rientrato alle 13.30 dalla scuola. Pietro non avrebbe avuto neppure il tempo di rendersi conto di quanto era accaduto dentro casa. Dopo la mattanza Angelo Frigeri avrebbe avuto il sangue freddo di ripulire la scena del crimine e avrebbe trasportato i tre cadaveri vicino all’ingresso, sistemando attorno a loro sedie, poltrone e un divano. Nel suo improvvisato piano criminale c’era un rogo purificatore, un incendio notturno provocato da un corto circuito che, stando alle previsioni, avrebbe dovuto cancellare ogni traccia del triplice delitto. Angelo Frigeri, recuperate le chiavi della sua “preziosa” Golf, sarebbe poi entrato nel negozio di scarpe alla ricerca di parte del denaro che Giovanni Azzena avrebbe incassato, poco meno di una settimana prima del delitto, dalla vendita di una Yaris. Questo l’allucinante quadro di un triplice delitto compiuto per trascorrere una serata in compagnia della nuova fiamma, una ragazza alla quale Angelo Frigeri aveva raccontato un mare di bugie.

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