La Nuova Sardegna

Sorpresa: l’isola piazza tre europarlamentari

di Umberto Aime
Sorpresa: l’isola piazza tre europarlamentari

Il Pd con il 40% elegge Soru, i grillini mandano a Strasburgo Giulia Moi Salvatore Cicu passa anche se Forza Italia crolla in tutte le città capoluogo

27 maggio 2014
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CAGLIARI. Il Pd alle stelle, i grillini all’angolo, Forza Italia che scivola ancora più in basso: in Sardegna è finita come sulla terra ferma. Da Sassari a Cagliari, da Olbia a Nuoro la locomotiva Renzi ha macinato voti su voti e fatto il pieno. I democratici hanno vinto dovunque a mani basse: otto punti in più sul Movimento 5 Stelle, ventidue di vantaggio sul malridotto Berlusconi. È stato un trionfo, meglio ancora della vittoria alle Regionali, quando allora il capotreno era Francesco Pigliaru. Non sono trascorsi che pochi mesi dal successo del professore e il da allora Pd non si è più fermato: continua a correre e «a manetta». Tutti gli altri si sono fermati. Dopo aver rinunciato (per paura?) alle Regionali, Grillo in un anno (Politiche 2013-Europee 2014) ha perso per strada centomila voti. Dopo la sconfitta alle Regionali, in novanta giorni Forza Italia è stata abbandonata da 33mila elettori in un colpo solo. Doppia debacle, doppio tonfo per chi sta all’opposizione, a Roma e a Cagliari. Mentre a spellarsi le mani a forza di applaudire è sempre e solo il Pd, con una leadership nella maggioranza sarda ancora più marcata e incontestabile dal resto della galassia di centro e di sinistra. Poi c’è Pigliaru, che fresco di vittoria e al primo passaggio elettorale, seppure indiretto, dalle Europee è uscito rinforzato, rassicurato e ormai inarrestabile proprio nel bel mezzo di una stagione decisiva, quella delle riforme. Ebbene sì, meglio di così ai democratici non poteva proprio andare.

Il Pd. Che effetto fa essere di nuovo il primo partito? «Ottimo. Godo», gridano dalla casa madre, in festa, del Pd. È stato un altro trionfo, il secondo consecutivo: da Francesco Pigliaru, il 16 febbraio, a Renato Soru, domenica 25 maggio. Cancellata, anzi rullata, anche l’onta del 2013, con i democratici allora sorpassati, alle Politiche, dal Movimento 5 Stelle, che in quei giorni si vantavano di aver dato quattro schiaffi, quanti erano i punti di vantaggio, agli avversari. In quindici mesi, il Pd è risorto, e ora può dire davvero di saper camminare anche sull’acqua. Anzi, su un oceano di voti: più 22.635 sulle Europee del 2009, più 24.192 sulle Politiche del 2013, addirittura più 68.201 nel confronto con le Regionali di novanta giorni fa. Fare i confronti fra elezioni diverse non è facile, ma è chiaro che domenica sul Pd e su Renato Soru, in particolare, si sono concentrati gran parte dei voti degli alleati sardi, nonostante la presenza in gara di alcuni amici-contendenti come Sel e Rifondazione, con la Lista Tsipras, l’Idv e il Centro democratico a sostegno dell’alleanza Scelta Europea-Alde. Sul Pd, sempre in Sardegna, è di certo finito quel voto moderato e non ortodosso che ha smesso di credere in Berlusconi o abbandonato per sempre il sogno del possibile ritorno del Grande centro. E ancora: dentro il gruppone del rinato Pd di Renzi, anche in Sardegna, ci sono di sicuro anche una buona parte di grillini della prima ora che, in un anno, hanno scaricato in fretta il capo-comico del Movimento. Insomma, i democratici hanno ritrovato quello che era il loro zoccolo duro, sembrava dissolto, ma in molti altri sono saliti al volo sulla locomotiva renziana. Sull’onda dell’entusiasmo, ora può chiudere bene e senza litigi un’altra partita importante: il congresso regionale sia che si celebri subito, a giugno, o sia rinviato a settembre.

Cinque stelle. Il vinciamo noi è finito male. Grillo ha riempito le piazze, ma non i seggi. Solo in Sardegna ha perso centomila voti nel confronto con le Politiche, dove aveva sbeffeggiato il Pd e gli altri partiti storici. È difficile dire dove il torrente della protesta sia andato a sbattere, anche se le prime analisi confermano: le grandi città (Cagliari e Sassari su tutte) hanno voltato le spalle al Movimento, anche se un europarlamentare in Sardegna lo ha eletto, Giulia Moi. L’unico confronto possibile per i grillini è proprio con le elezioni nazionali di un anno fa: alle Regionali non si sono presentati, hanno rinunciato, nonostante raccontassero di essere sicuri della vittoria contro tutti gli altri candidati-presidenti. Ma come tutti sanno allora fu Grillo a dire no a chiunque gli chiedesse il simbolo e dopo un anno i sardi gli hanno restituito la pariglia.

Forza Italia. Salvatore Cicu la sua parte l’ha fatta. È stato il secondo più votato e addirittura ha sorpassato il capolista superprotetto Gianfranco Miccichè. Il partito quello che doveva fare invece non l’ha fatto, seppure – da queste parti – si fanno scudo con l’assenza di Berlusconi e le ferite ancora aperte dopo la bruciante sconfitta alle Regionali. Sta di fatto che Forza Italia da febbraio a ieri è scivolata da 126mila a 92mila voti e pensare che nelle Europee del 2009 aveva sbancato con 201.946 preferenze.

Il non voto. Alle Regionali era appena al di sotto del 50 per cento, alle Europee ha conquistato la maggioranza: sei sardi su dieci non sono andati a votare. Forse a spingerli è stato anche il fronte dei disubbidienti (Riformatori e Unidos), ma anche la convinzione di non eleggere neanche un europarlamentare. Il risultato finale ha smentito i gufi con tre sardi in viaggio per Strasburgo, come nel 1984 e nel 1989. Ma l’astensione comunque è stata netta, con la Sardegna ultima fra le regioni nell’affluenza ai seggi, anche se con un piccolo passo in avanti sul 2009. I Riformatori sono stati i primi a cavalcare la protesta: «I sardi non hanno più voglia di essere presi a schiaffi neanche in Europa».

Gli altri. A sinistra la Lista Tsipras, sostenuta da Sel e Rifondazione, ha superato in Sardegna la soglia del 4 per cento ma non bastato per conquistare un seggio. A destra, in Sardegna, Fratelli d’Italia s’è presa la soddisfazione di sorpassare il Nuovo centrodestra ma alla fine è stato Alfano, in Sicilia, a eleggere l’ottavo europarlamentare delle isole.

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