La giunta si riprende l’energia di 3 dighe
Pigliaru e Maninchedda: gli invasi passeranno dall’Enel al controllo diretto. Elettricità per 50 milioni di euro: ma è battaglia
CAGLIARI. Di nuovo “padroni in casa nostra” dopo 66 anni. Potrebbe essere questa la sintesi, davvero estrema, della delibera con cui ieri la Giunta ha deciso di «subentrare – testuale – nella proprietà e nella gestione delle dighe che producono energia idroelettrica». Dighe finora date in concessione all’Enel, che ogni anno grazie a una produzione dia di 800 Gigawattora incassa 54 milioni. Senza mettere alla porta nessuno, la Regione ha deciso che fra poche settimane sugli invasi dell’Alto Flumendosa, del Taloro e del Coghinas e su quelli in costruzione a ad Orgosolo (Cumbidanovu) e a Sarroch (Monte Nieddu) sventolerà la bandiera di Quattro Mori e non più il vessillo dell’ente nazionale per l’energia. È certo una scelta forte, si potrebbe dire nazionalista come fanno gli Stati Sudamericani con i pozzi di petrolio, e invece è meno ideologica di quanto si pensi. A far scattare il diritto di proprietà, anche questa è un’esemplificazione, è l’applicazione dopo tanti anni di una legge regionale del 2006 che, «nel tutelare l’acqua come bene primario e pubblico», dispone il «trasferimento delle infrastrutture multisettoriali inserite nel sistema idrico». Multisettoriali significa l’utilizzo dell’acqua per le case, l’agricoltura e l’idroelettrico, come succede con quella «ingabbiata» appunto nelle dighe.
Questo vuol dire che la Regione trasferirà con un decreto la gestione degli invasi a un suo ente, è l’Enas che produce la cosiddetta acqua grezza, cioè quella non potabilizzata, e diventerà così «titolare della concessione». Di fatto è uno sfratto all’Enel, che per le tre dighe ha pagato fino adesso alla Regione solo i diritti di concessione, raddoppiati poche settimane fa da 2,5 a 5 milioni, ha tenuto sempre per sè il favoloso incasso della vendita dell’energia idroelettrica. Per l’esattezza, la Giunta non vuole andare alla guerra con l’Enel: è disposta a trattare sulla gestione, per arrivare semmai a costituire una società mista, come accade in altre regioni.
Il perché. Sono stati il presidente Francesco Pigliaru e l’assessore ai Lavori pubblici, Paolo Maninchedda, a presentare questa storica delibera. Pigliaru ha detto: «Ribadiamo, con questa decisione, che l’acqua è un bene pubblico e poi subito dopo vogliamo portare in pareggio il bilancio dell’Enas, che oggi è in rosso». Paolo Maninchedda si è spinto oltre: «Dal 1948 a oggi nessuno aveva rivendicato la titolarità delle dighe in funzione e in costruzione, noi l’abbiamo fatto, come in passato è stato fatto per le infrastrutture che erano di proprietà dei Consorzi industriali e di bonifica. Ci auguriamo che da questo momento in poi non sia apra con l’Enel una partita difficile, ma non avevamo alternative: abbiamo applicato una legge regionale e il principio della proprietà pubblica già ribadito in diverse aule giudiziarie». A breve sarà il presidente della Regione a firmare i decreti di proprietà e quel punto comincerà la trattativa con Enel.
La replica. Quella dell’ente nazionale è stata immediata: «La gestione delle dighe – si legge in una nota – non può prescindere dalla scadenza delle concessioni nel 2029 e questo nostro diritto lo tuteleremo in ogni sede opportuna anche a livello Comunitario. Auspichiamo comunque l’apertura di un proficuo dialogo».
Controreplica. È stata di Maninchedda: «Fa piacere sentire Enel dichiararsi disponibile a un incontro. Fa invece sorridere il richiamo alla scadenza lunare del 2029, perché la stessa scadenza è stata già annullata da una legge regionale impugnata dall’Enel, che però ha perso la causa davanti al Tribunale delle Acque». (ua)