La Nuova Sardegna

Il Qatar sicuro del miracolo San Raffaele aperto nel 2015

di Luca Rojch
Il Qatar sicuro del miracolo San Raffaele aperto nel 2015

Lucio Rispo, a capo della fondazione, spiega i piani dell’emiro per l’ospedale: «Il via ai lavori da giugno, a marzo l’inaugurazione. Subito l’acquisto dell’edificio»

30 maggio 2014
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SASSARI. In fondo era una questione di fede. Vaticano e Qatar possono stare sotto lo stesso tetto. E unirsi per salvare l’ospedale in agonia. L’uomo del miracolo è un manager gentile che vive a Doha, ma è innamorato della Sardegna. Qualcuno l’ha già ribattezzato mister miliardo, Lucio Rispo è il direttore della Qatar foundation, la società che ha riportato alla vita il San Raffaele. Il gigante alle porte di Olbia voluto da don Luigi Verzè sembrava destinato a rimanere un’incompiuta. A ingiallire davanti alla lentezza della burocrazia.

Oltre l’ostacolo. Dopo il terremoto finanziario e giudiziario che ha raso al suolo la Fondazione Monte Tabor, l’ospedale era diventato un simbolo del gigantismo sconfitto di don Verzè. Ma alla fine è arrivata la cordata più inattesa. Il Vaticano, attraverso l’ospedale Bambin Gesù, ha trovato l’accordo con la Qatar foundation, braccio operativo dell’emiro in tutte le sue operazioni filantropiche e di ricerca. L’accordo con la politica è stato complesso e ha tanti tessitori. Su tutti il deputato Gian Piero Scanu, il padre olbiese del San Raffaele, che ha continuato a credere nel miracolo del salvataggio dell’ospedale. Anche quando il crack finanziario sembrava inesorabile. Ma per chiudere l’accordo è stato indispensabile anche il lavoro del governatore Francesco Pigliaru. Con lui il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Graziano Delrio, che ha stretto gli ultimi bulloni. L’ospedale è salvo. Verrà completato e aprirà l’1 marzo del 2015.

Mister miliardo. A pilotare questa operazione è proprio Lucio Rispo, il direttore del Qatar Science & Technology Park. È lui che è riuscito a trasformare la missione impossibile in realtà. Il Qatar investirà oltre un miliardo di euro. «Tutto vero – spiega –. L’investimento in un paio di anni supererà il miliardo di euro. Per iniziare i lavori serviranno più di 100 milioni. Per prima cosa dobbiamo acquistare il building e il terreno intorno». Rispo ha condotto le trattative, ma non si occupa degli aspetti più tecnici, come i rapporti con le banche, le vere proprietarie del San Raffaele. «È una procedura molto complessa. Questi aspetti sono curati dal nostro studio legale e da quello finanziario».

Sapere dal petrolio. Già perché Rispo è a capo di una società che ha un obiettivo preciso. «L’emiro vuole entro il 2030 spostare il core business del Qatar dal petrolio alla conoscenza – dice –. In questi anni abbiamo molto investito nel mondo della ricerca e della scienza. Spendiamo più o meno 6 miliardi di dollari all’anno in ricerca, ambiente, energia, informatica, telecomunicazioni, medicina. Finanziamo università e formazione scientifica. Ma è chiaro che nessuno fa le cose in solitudine. Collaboriamo con i centri specializzati. Cerchiamo la cura per malattie come il diabete, il cancro, la sclerosi laterale amiotrofica. Ma per fare questo dialoghiamo da sempre con le eccellenze e cerchiamo le intelligenze. I nostri partner come la Cornell University, il Saint Mary hospital, sono all’avanguardia nel mondo della ricerca e delle scoperte scientifiche. Per esempio con la General Electric abbiamo creato una nuova tecnologia per la mammografia. I risultati sono tangibili, con una riduzione della mortalità».

Il diabete. A spingere il Qatar all’investimento anche una patologia che affligge la Sardegna e il Qatar. Il diabete. L’isola è seconda al mondo per l’incidenza della patologia in proporzione alla popolazione. Nello stato arabo il 17 per cento degli abitanti soffre di diabete. «Sì questo aspetto è stato considerato – confessa Rispo –. Il diabete colpisce il Qatar e la Sardegna. Il San Raffaele dovrà trovare una cura».

Costa e San Raffaele. Pochi chilometri separano l’ospedale dal regno dei divertimenti che l’emiro si è comprato, la Costa Smeralda. «Ma tra i due non c’è nessuna relazione – spiega Rispo –. Io lavoro per la Qatar foundation che è una cosa del tutto differente dalla Qatar investiment che si occupa di un altro tipo di attività. Verrà da sorridere, ma se io dovessi incontrare i responsabili di quella società non li riconoscerei. Non so chi sono. Io ho l’ufficio a Doha, come loro. Ma il rapporto è tutto qua. I due investimenti sono del tutto differenti. Nel primo caso c’è un interesse di tipo immobiliare. Nel nostro si investe in ricerca».

Al di là della fede. A salvare il San Raffaele dalla rottamazione è un accordo che vede tra i principali protagonisti il Bambin Gesù, ospedale del Vaticano, e la Qatar foundation, società che è una diretta emanazione dell'emiro, musulmano e sunnita. Un accordo che va al di là delle differenze religiose. «Non trovo nulla di strano – afferma Rispo –. Vivo in Qatar dal 2006, sono cristiano. A Doha ci sono la moschea e la chiesa. Ho tanti amici musulmani, da noi c’è piena libertà di espressione e di culto. Certo serve il rispetto delle differenti religioni. Ma non ci trovo nulla di strano».

Aperto a tutti. Ci sono già cifre concrete per l’accordo. «Il Qatar ha messo sul piatto oltre un miliardo di euro, con uno stanziamento iniziale superiore ai 100 milioni. I posti di lavoro previsti sono oltre mille – continua –. Ci tengo a precisare un aspetto. Sarà un centro di ricerca di importanza mondiale, ma anche un ospedale aperto a tutti. Non si dovrà essere milionari per entrare al San Raffaele. Lavoriamo per creare reparti di eccellenza. Non solo la pediatria. In questo momento portiamo avanti due tavoli. Uno che riguarda la ricerca l’altro la clinica. Quali reparti avere e come strutturarli. Un discorso in cui ha un ruolo da protagonista la Regione».

Aperto dall’1 marzo 2015. Data certa anche per l’avvio dei lavori e l'apertura. «La firma del protocollo con la Regione è prevista per il 24 giugno, dal 25 potranno iniziare i lavori, che termineranno a marzo del 2015». E per chi dovesse avere dubbi Rispo è categorico. «L’ospedale aprirà a marzo del 2015. Così ha ordinato l’emiro. E quando lui dà un ordine non c’è margine di errore».

La burocrazia. Per Rispo una difficoltà ulteriore. Cercare di far capire ai pragmatici manager del Qatar suoi colleghi, la complicata macchina burocratica dell'Italia. «Credo sia stato uno degli aspetti più complicati – afferma –. Per chi non è italiano entrare nei meccanismi che regolano la nostra legislazione è uno sforzo culturale e non solo giuridico. Ma devo dire una cosa. Ho incontrato persone che mi hanno fatto sentire orgoglioso di essere italiano. Persone come il Ministro Delrio che ha avuto un ruolo fondamentale e ha fatto di tutto per superare tutti gli ostacoli burocratici. Anche il governatore Francesco Pigliaru e il suo predecessore Ugo Cappellacci hanno lavorato bene e al massimo delle loro possibilità perché l’accordo arrivasse. Come loro ho potuto apprezzare anche i ministri dello Sviluppo economico, degli Affari esteri, della Sanità, e il premier Matteo Renzi». Rispo racconta anche degli altri ostacoli incontrati durante il cammino. «A volte è complicato anche riuscire a spiegarsi in modo corretto. È accaduto che in passato filtrasse un messaggio sbagliato. Noi investiamo risorse per fare ricerca e portare scoperte scientifiche. Vogliamo attirare i migliori cervelli e metterli a servizio del progresso della conoscenza e del benessere umano. Qualche volta non è stato capito. Forse non siamo stati bravi noi a spiegarci. Miglioreremo anche in questo». Rispo fa anche la sua dichiarazione d’amore all’isola. «La Sardegna è meravigliosa e i sardi lo sono ancora di più. Leali, tenaci, intelligenti. Insieme daremo vita a uno dei migliori ospedali al mondo».

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