La Nuova Sardegna

L’allarme del sindaco: «Olbia come Genova, se piove sarà un disastro»

di Serena Lullia
L’allarme del sindaco: «Olbia come Genova, se piove sarà un disastro»

Giovannelli: il governo non ci ha mai dato le risorse, e blocca anche 30 milioni indispensabili per evitare un’altra alluvione - FOTO

16 ottobre 2014
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OLBIA. Si sveglia ogni mattina alle 5 e solleva lo sguardo al cielo. Un gesto a metà tra scaramanzia e fede. Il primo pensiero del sindaco Gianni Giovannelli è controllare se all’orizzonte ci sono nuvole cariche di pioggia. E dire una preghiera, perché Dio protegga la sua città. Il primo cittadino non nasconde la paura. Negli occhi fisse le immagini della sua Olbia sconvolta da un’onda di fango solo un anno fa. L’alluvione di Genova è un dito che scava in una ferita ancora aperta. Dopo 11 mesi il primo cittadino sa che il territorio non è sicuro. È consapevole che la pulizia dei letti dei fiumi, la demolizione di qualche ponte, le ringhiere sui canali non impediranno gli effetti devastanti di una seconda alluvione. Come cercare di fermare la corrente con le mani.

Cresce la paura. Armi spuntate. Olbia potrà essere al sicuro solo quando saranno realizzate le opere strutturali per contenere il rischio idrogeologico. Ma il governo Renzi è più impegnato a distribuire belle parole che soldi. Il progettone per combattere ad armi pari le alluvioni costa 120milioni di euro. Prevede l’allargamento dei canali, la sistemazione di alcune vasche di laminazione, diversi bypass. La guerra dell’acqua a Olbia si può vincere solo con un super arsenale. La pulizia dei canali, il taglio delle canne, sono pistole giocattolo contro le bombe. «Olbia oggi è in grado di affrontare delle piogge normali, non straordinarie – commenta tra rabbia e rassegnazione il sindaco Giovannelli –. Ogni giorno mi sveglio alle 5 e guardo il cielo. Una bella giornata è un giorno in più guadagnato per mettere in sicurezza la città. Noi stiamo facendo la nostra parte. Abbiamo appaltato dei cantieri, altri partiranno entro dieci giorni. Ma parliamo di interventi ordinari. Qui servono interventi straordinari, strutturali. La cosa incredibile è che lo Stato non ascolta. Non vuole mettere i soldi per queste opere-salva vita, ma ci impedisce di spendere i nostri soldi. Noi abbiamo già 30 milioni di euro. Fermi. Risorse preziose che potremmo utilizzare immediatamente almeno per il primo lotto. Ma il governo preferisce tenerci imprigionati con il patto di stabilità e condannarci a diventare una Genova 2».

Il progettone. Subito dopo l’alluvione Cleopatra venne costituito, di intesa con la Regione, un team di lavoro che con l’aiuto di super tecnici fece la diagnosi del caso Olbia. La città, costruita sui canali e caratterizzata da una anarchia cementifcatoria lunga decenni rischia di annegare nei sui fiumi. Pronta la cura. Un maxi piano di opere strutturali utili per ridurre il rischio esondazione. Le promesse del premier Letta prima, e di Renzi poi di finanziare gli interventi, sono andate ad arricchire il campionario delle bugie della politica. «Come Comune possiamo potare avanti solo interventi tampone, non risolutivi, e seguendo le procedure ordinarie – aggiunge Giovannelli –. Già nel 2011, quattro giorni dopo la prima alluvione di Genova scrissi all’allora presidente del Consiglio chiedendo di finanziare le opere di mitigazione dal rischio idrogeologico per non rischiare di fare la fine del capoluogo ligure. Abbiamo vissuto il 18 novembre 2013, la nostra città ha subito gravi danni, abbiamo pianto i nostri morti. Le immagini di questi giorni a Genova, a Parma, ci hanno fatto ripiombare nella paura. A oggi non esiste un solo canale, anche quelli di recente costruzione, a norma rispetto a un evento metereologico eccezionale. Gli interventi che con grandi sacrifici stiamo facendo non ci mettono al riparo da una possibile alluvione». Giovannelli fa poi due calcoli. La pioggia di milioni destinata alla rinascita della città si è ridotta a qualche goccia. «Dal giorno dell’alluvione a oggi il Comune ha anticipato 15 milioni di euro – conclude Giovannelli –. Siamo ancora in attesa che ci vengano restituiti dallo Stato o dalla Regione».

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