La Nuova Sardegna

Sassari

Dea madre, indagine sull'asta di Christie's

Luca Rojch
La pagina della casa d'aste Christie's dove si mostra il reperto
La pagina della casa d'aste Christie's dove si mostra il reperto

Il nucleo tutela patrimonio dei carabinieri avvia gli accertamenti su chi sia il proprietario del reperto e a quale titolo lo detenga. Intervento anche del sottosegretario alla Cultura Barracciu

27 novembre 2014
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SASSARI. Deportata e messa all’asta. L’ira della Dea madre si abbatte su Christie’s che rischia di finire sotto i riflettori della giustizia italiana. La vendita della statua diventa un caso internazionale. I carabinieri del nucleo tutela del patrimonio culturale hanno avviato le indagini per stabilire come la statua di marmo, che risale a prima del 2500 avanti Cristo, sia finita tra gli oggetti in vendita nella casa d’aste Christie’s.

Le indagini. Per ora ci sono molti punti oscuri, anche se i militari mantengono il più stretto riserbo. Il comandante del nucleo di tutela del patrimonio culturale, Paolo Montorsi, conferma che gli accertamenti sono in corso. «Non posso scendere nei dettagli – spiega –, ma posso dire che portiamo avanti indagini accurate per capire per prima cosa chi sia il proprietario, come ne sia venuto in possesso e a quale titolo detenga il reperto. Cerchiamo di ricostruire la storia. Ora sarà suo onere dimostrare, attraverso la documentazione, di avere i titoli per poterlo possedere. La legislazione italiana è precisa».

1909. Il comandante fa riferimento alla data del 1909, una sorta di linea che separa la legalità dall’illegalità. Chi ha un reperto archeologico da prima di quella data lo può detenere, e vendere, senza infrangere la legge. Tutti gli altri commettono un reato e in questi casi sono vietate il possesso e la commercializzazione. Montorsi mantiene il massimo riserbo. «È in corso un’inchiesta e non possono essere rivelati i dettagli – continua –. Posso dire che lavoriamo per avere sottomano tutti gli elementi di questa vicenda». Una volta identificato il proprietario spetterà a lui dimostrare di possedere in modo legale la Dea madre. Per ora l’asta va avanti, ma potrebbero esserci clamorosi colpi di scena. Un altro aspetto riguarda la verifica della sua veridicità. Il reperto è valutato da Christie’s tra gli 800mila dollari e il milione e 200mila.

L’interrogazione di Pili. Ma la vendita del reperto apre anche un fronte politico. Il deputato di Unidos Mauro Pili ha presentato una interrogazione alla Camera. La risposta del governo rischia di creare un nuovo strappo. Pili non si è solo limitato a chiedere un intervento del governo per bloccare la vendita della Dea madre a New York, ma ha voluto informazioni anche sull'asta di luglio in cui erano finiti sul mercato 6 bronzetti. Il parlamentare mostra anche un documento con una risposta scritta del governo. «Le indagini dei carabinieri – riporta la sintesi – nel marzo 2012, hanno consentito di appurare la vendita di sei reperti di presunta natura archeologica sul sito www.royal-athena.com, con sede a New York. I bronzetti corrispondono a quelli indicati nell'interrogazione dell’onorevole Mauro Pili. I bronzi, come indicato nelle schede pubblicate su internet, arrivano da collezioni private svizzere, francesi e inglesi. Alcuni reperti ne fanno parte dai primi anni 80. Si tratta con grande probabilità di oggetti rinvenuti con scavi illeciti. Non si conosce l’esatta provenienza, né la data di uscita dall’Italia».

La Barracciu risponde. Non si fa attendere la risposta del sottosegretario Francesca Barracciu che interviene prima in aula e poi con un comunicato. «I bronzetti nuragici e la statuina della Dea Madre messi in vendita da case d’asta internazionali hanno la massima attenzione da parte del ministero – dice la Barracciu –. Vorrei rassicurare i sardi preoccupati dalle notizie sul traffico dei preziosissimi beni culturali e rispondere ai pochi politici che strumentalizzano all'ingrosso le notizie per una briciola di visibilità. Sulla vendita della Dea Madre, per la quale mi è anche giunto l’appello del professor Attilio Mastino, ho già sollecitato il generale Mariano Mossa, comandante nazionale dei carabinieri per la tutela del patrimonio culturale perché la vicenda venisse seguita con la massima attenzione e ho ricevuto in tempo reale adeguate rassicurazioni sul massimo impegno già messo in campo dall’arma per chiarire la situazione e accertare eventuali reati commessi».

I sei bronzetti. La Barracciu interviene anche sulla vendita on-line dei sei bronzetti, venuta alla luce a luglio. E lo fa anche in risposta all’interrogazione di Pili. «La vendita all’asta dei sei bronzetti – continua il sottosegretario –, è una questione datata e già affrontata e chiarita dal Mibact. La vicenda è stata scoperta dai nostri carabinieri già nel 2012. È stato appurato che questi reperti non erano presenti nella banca dati dei beni culturali illecitamente sottratti. Abbiamo scoperto che appartengono a collezioni private dai primi anni ’80. Con molta probabilità sono frutto di scavi illeciti e non c’è la possibilità di risalire all’esatta provenienza, né alla data di uscita dal nostro Paese».

La legge del 1993. C’è una legge che dal 1 gennaio 1993 impone la restituzione dei beni usciti in modo illegale da uno Stato. «Ma in questo caso non era applicabile – continua la Barracciu –. Questo non vuole dire che siamo rimasti a guardare. I carabinieri hanno già preso contatti informali con la controparte per arrivare a una soluzione extragiudiziale. Ma elaboriamo anche, in accordo con il ministero della Giustizia, un disegno di legge per riformare la disciplina delle sanzioni per i reati contro il patrimonio culturale. L’obiettivo è inasprire le pene e introdurre nuove incriminazioni per contrastare in modo più efficace questi reati»

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