La Nuova Sardegna

Moussa, l’eroe ferito tra le macerie a Platamona

Moussa, l'ambulante senegalese che ha partecipato ai soccorsi a Platamona
Moussa, l'ambulante senegalese che ha partecipato ai soccorsi a Platamona

Un ambulante senegalese tra i primi soccorritori dei ragazzi travolti dal crollo del muraglione della Rotonda: si è fatto male mentre scavava

22 luglio 2015
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SASSARI. Nei primissimi attimi che hanno seguito il crollo del muro di contenimento della rotonda, a farla da padrone è stato il panico. Ha paralizzato la maggior parte dei bagnanti, sia quelli presenti in spiaggia sia quelli che percorrevano la passeggiata, rimasti increduli e terrorizzati di fronte all’accaduto. Non tutti. A prendere in mano la situazione ci ha pensato un gruppo di giovani senegalesi che si trovavano nelle vicinanze, subito seguiti da altri bagnanti sassaresi e non.

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Quando si è accorto che un muro intero era cascato sopra a delle persone, Moussa ha mollato tutto e si è fiondato di corsa ai piedi della rotonda, quando la nube di detriti non era ancora calata. Ha intravisto i corpi dei ragazzi sotto le macerie e ha iniziato a scavare a mani nude consapevole che in certe situazioni non c’è un secondo da perdere. Si è orientato fra i blocchi di pietra ascoltando le grida dei sette giovani, cacciando via le pietre senza sosta e provando a fare leva con tutto quello che gli capitava in mano. A quel punto sotto il muraglione c’era già una discreta folla di persone, intente a liberare i ragazzi nel minor tempo possibile, fra le urla disperate di mamme e papà preoccupati per le sorti dei loro figli sommersi da pietre e detriti. Rimasto in mezzo alla calca e nella foga di liberare tutti i ragazzi, il giovane senegalese - come altri connazionali che fanno gli ambulanti - si è fatto male a una mano.

«Niente di grave – dice il giovane africano –, soltanto qualche graffio. L’importante è che i ragazzi siano tutti salvi; la mia mano guarirà, non è un problema». Insieme a Moussa, prontamente medicato dal personale del 118, si sono dati da fare anche Bayemor e Mbandahie, suoi amici e connazionali. Hanno visto la scena da lontano, si sono avvicinati e si sono messi a scavare con gli altri. Prima di parlare hanno voluto avere notizie sulla situazione dei ragazzi. Si sono piazzati davanti al gazebo del servizio balneare per disabili – utilizzato dai medici del 118 per visitare e imbragare i feriti prima del trasporto all’ospedale di Sassari – e hanno seguito una a una le partenze delle ambulanze. Bayemor ha concluso con un sorriso: «Io vivo da voi e con voi – spiega in un italiano incerto – e sono andato a scavare perché se c’è da dare una mano per me è normale: tutti dobbiamo aiutare quando succedono queste cose». Poi per correttezza rimarca: «Devo dire però che il mio amico Moussa è stato il più veloce fra tutti noi». (s.sant.)

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