Un dissesto che va fermato
In brevissimo tempo decine d’interventi per cedimenti, erosioni, frane
SASSARI. C.v.d.: come volevasi dimostrare. È la formula che di solito a scuola segue le spiegazioni matematiche, a conferma di una tesi che trova puntuale riscontro nei calcoli. Nel caso dello sfascio della Sardegna, un’isola che cade letteralmente a pezzi, il crollo di Platamona squilla in modo sinistro come l’applicazione di quello stesso procedimento. Non è che l’ultimo fatto a riprova dell’emergenza generalizzata.
Nessun dubbio che potesse succedere, nessun dubbio che altri disastri potranno presentarsi. Cedimenti di opere pubbliche, tetti che si sbriciolano, erosioni di coste, ponti e viadotti a rischio, dissesti stradali: queste e molte altre minacce per l’incolumità di tutti sono state segnalate a decine dai lettori. Un lungo elenco nato sulla scia dell’inchiesta avviata in aprile dalla “Nuova” sui tanti pericoli in agguato un po’ in tutta l’isola su questo fronte.
Troppi i casi di abbandono, incuria, degrado. Troppe le pubbliche denunce rimaste inascoltate. Troppi gli allarmi dei geologi e di altri specialisti ai quali non sono seguiti interventi efficaci. Troppe le sottovalutazioni nelle contromisure per limitare le devastazioni e contenere i rischi.
Catastrofi come quelle provocate dal Ciclone Cleopatra (18 novembre 2013: 19 morti, danni per 650 milioni) continuano a causare conseguenze così gravi sul territorio di mezza Sardegna da ricordarcelo in continuazione. Ma per capire quanto sia preoccupante ancora oggi l’emergenza non è neppure necessario riandare indietro sino agli ultimi nubifragi e ai terribili smottamenti rimasti in maniera drammatica negli annali delle cronache e nella memoria delle comunità. È sufficiente fare la conta quotidiana degli incidenti e dei crolli che, giorno dopo giorno, vengono senza sosta annotati dalle amministrazioni comunali in moltissimi centri dell’isola.
Da qui l’appello a denunciare pubblicamente, anche attraverso il sito web del giornale, le minacce in agguato: cercare di scongiurare nuove tragedie dev’essere l’obiettivo di tutti. Perché solo così la speranza può rinascere. Diversamente proseguirà semplicemente l’aggiornamento della lista dei disastri. Com’è stato sino al caso di Platamona. Del resto molte altre esperienze su questi crinali hanno abituato sardi e turisti al peggio.
Come dimenticare gli ultimi crolli nelle scuole? Dall’Azuni di Sassari al Dettori di Cagliari, dalla Maria Rocca di Olbia allo Scientifico Marconi ancora a Sassari: emergenze ordinarie in una regione dov’è fuori norma oltre la metà dei caseggiati che accolgono studenti e insegnanti. Discorsi altrettanto preoccupanti, in una escalation, lungo numerose strade. Con ponti non ancora riconsolidati e viadotti non sempre all’altezza di reggere il traffico dei mezzi pesanti. Tutto in una situazione nella quale solo l’assessorato regionale ai Lavori pubblici ha preso a cuore i problemi più gravi e sta intervenendo. Mentre in settori differenti i rappresentanti della classe politica, su scale regionale e locale, non sembrano registrare gli allarmi con la dovuta attenzione. E così il pericolo resta incombente, diffuso. Senza più bisogno, per una volta, di riprove o nuove dimostrazioni matematiche.
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