La Nuova Sardegna

Candelieri, la discesa tra volgarità e insulti

di Luigi Soriga
Candelieri, la discesa tra volgarità e insulti

La Faradda di Sassari, patrimonio dell’Unesco, rischia di trasformarsi in un festival della sbronza

27 agosto 2015
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SASSARI. Nel Dna dei Candelieri c’era molta religiosità, fede, un voto da sciogliere e una promessa da rinnovare. Poi un tocco di folclore e di paganesimo e lo spirito scherzoso di una città. Ma soprattutto grande passione e senso di identità. Negli ultimi anni però tanto è cambiato. Queste componenti originarie sono finite dentro uno shaker e gli ingredienti di una festa bellissima sono stati stravolti. La Faradda si è trasformata in una ogm, una festa geneticamente modificata e fuori controllo. Il riconoscimento dell’Unesco ha innalzato il valore formale dell’evento. Ma nella sostanza l’ultima edizione si è rivelata una “discesa” libera in un fondale di volgarità e insulti.

Questa deriva è stata immediatamente avvertita dai gremi e dall’Intergremio. Hanno preso posizione nel tentativo di arginarla. Ne è nata una vivace polemica, con svariati interventi e lettere al giornale e con centinaia di post sui social network. I puristi dei Candelieri chiedono una sorta di reset, un punto e accapo, uno sguardo al passato e una riflessione sul presente, e un ritorno al senso originario della Faradda. Ciò che invece è saltato agli occhi dell’edizione 2015, è che la componente religiosa degrada sempre di più a orpello, a un sentimento quasi di nicchia, perché la stragrande maggioranza del pubblico ha un approccio distaccato e per loro i Candelieri Ogm si sono trasformati nel Festival della sbronza e dell’insulto. Attorno ai ceri che danzano c’è spesso un coinvolgimento “malsano”, più intriso di alcol che di cristianità. Cori da stadio, insulti gratuiti contro i cagliaritani, euforia molesta, e poi un astio e una rabbia senza precedenti rovesciata sulla fascia tricolore del primo cittadino. La tradizione del “fruscio” (fischio) diventato un must sassarese dagli inizi degli anni Settanta, si è parecchio imbarbarita. Quella democrazia diretta e goliardica è diventata vero e proprio linciaggio. Il giudizio popolare è sacrosanto, e ogni sindaco (compreso Nicola Sanna) il 14 di agosto si sottopone alla sentenza con grande apprensione. Ma la crisi economica, la disoccupazione, le rivalità politiche non possono essere l’alibi per scendere in strada e scaricare secchiate di livore. Insulti personali, minacce, violenza dei toni: non c’è più nulla di divertente. Anche questa spigolatura politica e sociale della Faradda ha subito un pericolo stravolgimento. L’originario aplomb fatto solo di fischi o applausi tributati agli amministratori all’uscita dal Teatro Civico, ormai si è estinto. L’indice di gradimento di un sindaco ormai si misura con gli strati di insulti che lo ricoprono. Uno spettatore mediamente coinvolto può sorridere per mezzo secondo, ma subito dopo prova solo un senso di imbrazzo e fastidio. Figuriamoci cosa possono percepire gli occhi e le orecchie vergini di un turista. Di un visitatore che si trova lì perché qualcuno gli ha raccontato di una città che si stringe attorno a dei Ceri, e che è coinvolta e appassionata, e che scende per strada con lo stesso ardore di Siena per il Palio.

Un turista che poi ha letto e si è documentato, e ha scoperto che anche l’Unesco ha posto il proprio sigillo sul valore storico e umano di questa manifestazione. E alla fine si è convinto a comprare un biglietto aereo e prenotare un albergo, perché i Candelieri si offrono come una festa popolare e verace, e non il solito pacchetto infiocchettato per lo straniero. Cosa avrà ritrovato di tutto questo nella bolgia del Corso? Che sensazione si sarà portato via?

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