La Nuova Sardegna

Attentati a Stoccolma e Mumbai coinvolta anche la cellula olbiese

di Giampiero Cocco
Attentati a Stoccolma e Mumbai coinvolta anche la cellula olbiese

I cittadini pakistani arrestati ad aprile in Gallura avrebbero partecipato agli attacchi del 2008 e 2010 La Dda di Cagliari ha inviato alle magistrature di Svezia e India una rogatoria internazionale

08 settembre 2015
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OLBIA. La cellula composta da pakistani residenti a Olbia e in Italia e affiliata ad Al Qaeda sgominata, lo scorso aprile, dalla mega indagine su terrorismo internazionale condotta dalla Digos di Sassari e dalla Direzione distrettuale Antimafia di Cagliari, avrebbe avuto contatti con diversi gruppi e organizzazioni terroristiche.

È quanto trapela dalle riservatissima rogatoria internazionale inoltrata dai pm della Dda di Cagliari Mauro Mura e Danilo Tronci alle magistrature di Svezia e India. La richiesta di informazioni e documenti è riferita alle indagini avviate sui sanguinosi attentati di Mumbai del novembre del 2008 contro gli hotel e il mercato della popolosa città indiana, atti terroristici che provocarono 198 morti tra i quali un turista italiano, e l’attacco suicida rivendicato dalla Jihad islamica legata alla rete internazionale di Al Qaeda nel quale si fece esplodere, senza provocare vittime, un giovane mediorientale imbottito di tritolo che viaggiava su un’auto, al centro di Stoccolma, carica di bombole di gas. Il terrorista cercava la strage per punire Lars Vilks, il caricaturista svedese più volte minacciato di morte per aver rappresentato Maometto in chiave ridicola.

Cosa c’entra la magistratura sarda con gli attentati di Mombay e Stoccolma è presto detto. Spulciando tra i computer, i cellulari e la copiosa documentazione sequestrata all imam di Bergamo Hafiz Muhammad Zulkifal e al presunto capo della cellula di Al Quaeda in Italia Sultan Wali Khan (il commerciante pakistano che risiede a Olbia), sono saltate fuori diversi contatti tra il gruppo italiano e l’esecutore materiale dell’atto terroristico portato a segno, fortunatamente senza alcuna vittima, in Svezia.

Come è trapelato che alcune delle schede telefoniche internazionali in uso a due dei terroristi rimasti uccisi negli attentati agli hotel, al centro israeliano e al mercato di Mumbai avevano ricevuto una ricarica, poche ore prime dell’avvio delle stragi, da un Call Point di Bergamo gestito dalla rete di pakistani finiti in carcere con l’accusa di terrorismo internazionale.

«Le indagini non sono ancora concluse – ha spiegato ieri dirigente della Digos di Sassari, il vicequestore Mario Carta – e molti elementi sono ancora in attesa di riscontri, ma che esistessero collegamenti internazionali tra gruppi di terroristi era già stato evidenziato nel corso dell’indagine che ha portato in cella i 18 componenti la presunta cellula terroristica formata quasi esclusivamente da elementi pakistani, e ora ulteriormente confermato dalle indagini ancora in corso e condotte dalla Dda di Cagliari».

Nel frattempo tutte le istanze avanzate dai legali del gruppo di presunti terroristi islamici finiti in carcere sono state respinte dal gip e dal tribunale del riesame di Cagliari, mentre il tre pachistani fermati nell’isola, a Olbia – dove aveva sede, stando ai capi d’accusa, la direzione della cellula terroristica legata ad Al Qaeda che pianificò e diede il via alla strage del mercato di Peshawar nel 2009 in Pakistan che provocò 100 morti, tra i quali una ventina di bambini, oltre alla programmazione di diverse altre azioni terroristiche – sono stati trasferito dal carcere di Nuchis in un penitenziario di massima sicurezza della Puglia.

Le proteste di innocenza di Wali Sultan Khan, l’imprenditore pakistano di 39 anni arrestato lo scorso aprile con l’accusa di essere al vertice della cellula italiana di Al Qaeda, con base operativa in Sardegna, non hanno convinto i magistrati e gli inquirenti.

L’uomo, assistito dall’avvocato Luca Tamponi, è caduto in uno stato di profonda prostrazione psicofisica e insiste nel dichiararsi del tutto estraneo ad ogni forma di terrorismo. Silenzio anche da parte degli altri due pachistani fermati nell’isola, Sidique Muhamed, 37 anni, arrestato durante la stessa operazione antiterrorismo, e dal cugino di Sultan, il pakistano Imitias Khan, che lavorava in uno dei negozi aperti a Olbia dall’imprenditore mediorientale.

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