La Nuova Sardegna

Si lanciò con i figli: assolta

Si lanciò con i figli: assolta

Giù dal quinto piano di un hotel, per il gup la donna era incapace di intendere

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CAGLIARI. In quel momento drammatico non era in sè, per la giustizia incapace di intendere e di volere la donna cagliaritana che il 25 giugno dell’anno scorso tentò di uccidersi lanciandosi dal quinto piano dell’hotel Panorama insieme ai figli di quattro anni e di nove mesi, che si salvarono per un miracolo. Il gup Lucia Perra l’ha assolta dall’accusa di tentato omicidio dopo il giudizio immediato, accogliendo la tesi difensiva dell’avvocato Guido Manca Bitti. La donna vivrà per un lungo periodo sotto vigilanza speciale e dovrà curarsi per prevenire altre situazioni critiche. Ospite di una struttura di protezione specializzata, la giovane madre potrà vedere le sue bambine solo su disposizione e con il controllo dei medici. Il pm Alessandro Pili aveva chiesto il processo proprio per arrivare alle misure cautelari legate alla pericolosità sociale o di prevenzione che, in caso di archiviazione, non sarebbero state possibili.

Il fatto è ormai noto: uscita sul balcone dell'hotel Panorama, la donna ha sollevato la figlia di quattro anni e l'ha lasciata cadere al suolo. Subito dopo ha preso in braccio l'altra bimba di nove mesi e con lei si è buttata giù. Nella stanza, un biglietto: “Basta, sono stanca di vivere”. Era il 25 giugno 2015: lei, commerciante di 36 anni, se l'è cavata dopo due settimane di coma farmacologico, fratture dappertutto ma viva. Illese le bambine, che un miracolo ha fatto precipitare su un tendone per poi rimbalzare su alcune siepi. Al giudice Perra il pm Sandro Pili aveva chiesto che l'imputata venisse prosciolta perché capace di intendere ma non di volere. Le perizie psichiatriche di accusa e difesa sono state concordi: quel giorno la giovane madre era in preda a una crisi depressiva, conseguenza di un male psichiatrico mai affrontato con le giuste terapie. Non c'era dunque alcuna intenzione di uccidere le bambine, il suo è stato un gesto compiuto in uno stato di alterazione mentale che la rende impunibile.

La tesi del pm è la stessa sostenuta dal difensore, l'avvocato Guido Manca Bitti ed è stata accolta. Ma un'équipe psichiatrica ha esaminato le condizioni di salute dell'imputata, per stabilire se il percorso terapeutico seguito fin qui sia sufficiente a garantire la sicurezza delle figlie. In sostanza il magistrato doveva capire se c'è il rischio che il fatto si ripeta e se le bambine, oggi affidate al padre - che ha mantenuto rapporti affettuosi con la moglie - possano riacquistare il rapporto con la madre. Accadde tutto poco dopo le 16: presa una stanza all'hotel di viale Diaz, dove si era presentata apparentemente serena, la donna si era chiusa dentro con le due bambine. Mezz'ora dopo un addetto dell'hotel ha sentito un lamento provenire dal retro dell'edificio. Si è avvicinato e ha trovato la prima bimba, accasciata vicino a una pianta. Poi l'altra bimba e la madre, che appariva in condizioni disperate. Il resto è protocollo: la chiamata al 118, i soccorsi, l'arrivo dei carabinieri. (m.l)

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