In Europa sono solo 7 in Italia candidate in 22
SASSARI. La culla delle città Stato non poteva che accogliere con entusiasmo la spinta europea. Tante repubbliche autonome, un po’ per orgoglio di campanile, un po’ per prestigio personale. I...
SASSARI. La culla delle città Stato non poteva che accogliere con entusiasmo la spinta europea. Tante repubbliche autonome, un po’ per orgoglio di campanile, un po’ per prestigio personale. I commissari di Bruxelles nei primi anni Novanta chiedevano ai governi di creare le Città metropolitane. L'Ue aveva inventato questo strumento per dare ordine e organicità a metropoli che con una crescita bulimica avevano fagocitato nel tessuto urbano i centri vicini.
In Europa con ordine i governi avevano cercato di applicare in modo razionale questo strumento legislativo. In tutta l'Ue le città metropolitane sono sette: Londra, Madrid, Amsterdam, Parigi, Amburgo, Berlino e Vienna. A queste si aggiungono Lione, Marsiglia e Barcellona, che hanno istituzioni che le avvicinano. In totale un bacino di 280 milioni di abitanti e 110 grandi aree urbane, in cui i governi metropolitani sono solo dieci.
L’Italia. Uno studio del Censis mette in evidenza come in Italia la questione sia un po’ sfuggita di mano e le candidate si siano moltiplicate. Dalle metropoli si sia scivolati alle metropoline. Se Roma e Milano possono forse avere le dimensioni di grandi capitali, tutto il resto sembra una gentile concessione all’italico principio della politica che qua non si scontenta nessuno. L’Italia come sempre è partita in ritardo. Ma ha mostrato un gigantismo che fa impallidire l’Europa. Con 60 milioni scarsi di abitanti vuole istituire più di 20 città metropolitane. Il doppio del resto del vecchio continente.
Il pasticcio. I governi ci provano più volte a far nascere le città metropolitane. Prima il centrosinistra nel 2001che tenta di introdurle nella Costituzione. Poi il governo Prodi con una legge ad hoc che agonizza in Parlamento. Il centrodestra ci riprova, senza successo, nel 2009. E anche Mario Monti nel 2012 prova a istituirle. Ma è Enrico Letta che nell’agosto del 2013 vara la legge in cui sono previste 10 città metropolitane: Roma, Milano, Napoli, Torino, Genova, Venezia, Bologna, Firenze, Bari, Reggio Calabria. Uno sproposito rispetto all’Europa, ma è difficile in Italia scontentare qualche campanile. Sarà per questo che un passaggio dopo l’altro tra Camera e Senato la legge viene appesantita con altre otto città metropolitane, comprese le quattro che arrivano dalle Regioni a Statuto speciale: tre dalla Sicila e Cagliari in Sardegna. Ma a queste si aggiungono altre quattro aree. Per un totale, per ora di 22. Un esercito.
La nebbia. Ma quali siano di preciso il ruolo e le gerarchie all’interno di questa nuova entità non è molto chiaro. Il sindaco della città metropolitana estende i suoi poteri anche agli altri centri. La fascia tricolore dà quasi superpoteri, ma non si sa bene dove arrivino. Di sicuro per le città metropolitane c’è un ricco filone di contributi che arriveranno dall’Europa. È chiaro che i denari sono sempre gli stessi sia che ci sia una città metropolitana, sia che ne vengano istituite 23.
Le dimensioni. Il 68% della popolazione dell'Unione europea, in tutto gli abitanti sono 500 milioni, vive nelle 10 regioni metropolitane. In queste aree si generano più di due terzi del Pil dell’Ue. In Italia vivono all'interno delle aree metropolitane 21 milioni di abitanti.
Le dimensioni diventano fondamentali. Perché il confronto con l’Europa dà l’idea delle dimensioni. La città metropolitana di Londra ha 12 milioni di abitanti, quella di Roma 4 milioni. Cagliari arriva a mezzo milione. E lo stesso studio del Censis mette in evidenza come sia complicato in Italia prevedere una legislazione che possa funzionare per le diverse città metropolitane. «Non si può trascurare il fatto che esisteranno Città metropolitane composte da 315 Comuni come Torino, e altre da 16, come Cagliari, con esigenze di sviluppo e gestione dei servizi molto diverse tra loro». E sempre lo studio del Censis senza pietà rivela che in Italia: «mancano le dimensioni demografiche, manca il dibattito locale, manca il sentimento». Sembra che a muovere i legislatori e le Regioni sia stato in questi mesi la possibilità di mettere mano sui fondi europei destinati alle città metropolitane. In questo modo si sono candidate anche centri lontai dagli standard internazionali come Reggio Calabria, Salerno, Brescia, Bergamo, Messina e Catania. Ognuna con la sua giustificazione, ognuna con la sua speranza di sentirsi al centro dell’Europa. Anche se di fatto i numeri non si hanno. Perché dove non arriva la realtà c’è sempre il doping della volontà politica. Così anche il piccolo borgo può sentirsi grande metropoli.