La Nuova Sardegna

Sorso, ambulatori strapieni: il prelievo del sangue si fa per strada

di Salvatore Santoni
Sorso, ambulatori strapieni: il prelievo del sangue si fa per strada

In città non c’è spazio nella struttura dove si fanno le analisi. I pazienti restano in auto e vengono assistiti dai medici

11 dicembre 2015
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SORSO. Corridoi troppo stretti, file interminabili. Al poliambulatorio il prelievo del sangue ora si fa in auto. Una specie di pit-stop, ma più che mettere benzina i medici levano il sangue del paziente. Tutto senza scendere dall’auto. Gli spazi angusti e la carenza di posti a sedere nella struttura di via Sennori rendono le giornate degli anziani pazienti un incubo. E così, due volte alla settimana, gli stalli per portatori di handicap – presenti in zona - e la piazzola interna fungono da “ambulatorio di strada” per fare i prelievi senza bisogno di scendere dall’automobile.

Giornata tipo. La giornata tipo inizia intorno alle 7,30 con una girandola di prelievi. Quella dei pazienti può cominciare anche alle 6,30: per evitare la coda è meglio arrivando con largo anticipo. Ma per spuntare i primi posti, molti anziani sono costretti ad attendere all’aperto. Poi la struttura apre le porte, e il corridoio che conduce all’ambulatorio si riempie all’istante. Varcata la soglia inizia la corsa a occupare un pezzetto di gradino. Sì perché, l’ambulatorio non ha una sala d’attesa: un paradosso per un servizio che gestisce pazienti affetti da varie patologie, e che quindi che vanno seguiti costantemente e il più vicino possibile a casa. Non c’è una sedia, soltanto le scale che portano ai piani superiori. Per non parlare dei servizi igienici per i portatori di handicap: neanche l’ombra. Più che un ambulatorio sembra un bunker: un corridoio stretto e avvolgente, dove a mala pena si riesce a stare affiancati. I pazienti sono quasi tutti anziani e molti hanno problemi a stare in piedi. Quando il flusso delle persone in entrata si incontra con quello in uscita, è la fine.

Il prelievo si fa in auto. Oltre a effettuare i prelievi “interni”, il personale infermieristico lavora anche in strada. Sono le 8. Un’auto con a bordo un paziente punta verso la struttura. Niente da fare: la piazzola interna è piena ma c’è spazio nello stallo dedicato ai portatori di handicap. All’improvviso, un familiare scende dalla vettura, entra nell’ambulatorio e ritorna indietro insieme a un’infermiera armata di piattino carico di laccio emostatico, cotone, alcool e siringa: giusto il tempo di trovare la vena giusta e il prelievo è fatto. Avanti un altro. Passa qualche minuto e arriva un’altra auto con a bordo una coppia di anziani. Il marito scende, fa il giro del veicolo, apre lo sportello del passeggero e prepara il braccio della moglie per il prelievo. Poi entra nell’ambulatorio a “prenotare” il turno. Detto fatto: il personale esce per la “trasferta”. Stesso copione di prima. L’infermiera riempie la siringa di sangue sotto gli occhi attenti dell’anziano, che nei panni dell’aiutante regge il piattino dei ferri del mestiere.

I commenti. Ma la situazione è sempre così critica? «È veramente triste essere costretti a fare queste cose – commenta una signora –, ma siamo rassegnati».

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