La Nuova Sardegna

Al Qaeda, via al processo: in aula la cellula olbiese

di Giampiero Cocco
Al Qaeda, via al processo: in aula la cellula olbiese

Davanti alla Corte d’Assise di Sassari i presunti jihadisti ritenuti vicini a Bin Laden Sono anche accusati di essere gli autori della strage di Peshawar in Pakistan

17 dicembre 2015
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SASSARI. Da Olbia, con terrore. Si apre questa mattina, nella blindatissima Corte d’Assise di Sassari, il processo contro 11 presunti terroristi islamici d’origine pachistana, siriana e afgana affiliati ad Al Qaeda. Un processo unico in Italia, dove si parla di sanguinosi attentati di matrice fondamentalista messi a segno in Pakistan, con centinaia di morti, di immigrazione clandestina e collette coraniche per sovvenzionare la Jihad predicata dai gruppi di Al Qaeda, Theerekk El Taliban, Theerek E Nifaz, i gruppi terroristici islamici operativi nel nord del Pakistan e nel confinante Afganistan. Una cellula che, in Patria, conosceva il nascondiglio di Osama Bin Laden, lo sceicco del terrore che fondò Al Qaeda, ucciso nel maggio 2011 dai Navy Seal americani in un compendio di Abbottabad, a nord del Pakistan. Un sodalizio di mediorientali legati a Sultan Wali Khan, un commerciante di Peshawar di 40 anni trasferitosi a Olbia nel 2004. Un gruppo terroristico perfettamente mimetizzato, – stando all’agghiacciante quadro investigativo svelato dalla segretissima indagine portata avanti sin dal 2005 dalla direzione distrettuale antiterrorismo di Cagliari e dalla Digos di Sassari – che da un anonimo appartamento di Olbia, in via Spensatello, progettava, coordinava, finanziava e metteva in esecuzione attentati trasnazionali contro obiettivi istituzionali, infrastrutture e centri commerciali all’estero e in Italia. Da Olbia, stando alle intercettazioni ambientali e telefoniche disposte per otto anni dalla Dda e registrate dalla Digos di Sassari, partirono gli ordini per l’attentato al mercato di Mena Bazar, a Peshawar, dove un’autobomba, il 28 ottobre 2009, provocò un centinaio di morti, tra i quali una ventina di bambini. Questa strage, insieme ad altre decine di capi d’imputazione, è stata contestate dal gip di Cagliari Ermengarda Ferrarese al presunto capo della cellula sarda Sultan Wali Khan, a Imitias Khan e Siddique Muhammad tutti residenti a Olbia, all’imam di Bergamo Mhuammad Zulkifal. Che con i pachistani Sher Ghani, Ul Haq Zhaer, Zubair Shah e all’afgano Yahya Khan Ridi finirono in cella lo scorso aprile, nel corso dell’operazione “Oriente” disposta dalla Dda di Cagliari ed eseguita dagli uomini della Digos di Sassari, che fermarono i presunti terroristi tra Olbia, Roma, Bergamo, Civitanova Marche, Sora e Avezzano. Altrettanti presunti jihadisti sono sfuggiti alla cattura perché hanno lasciato da tempo l’Italia rientrando in patria (Pakistan, Siria e Afganistan, mentre alcuni di loro sono stati segnalati e ricercati dalle polizie spagnole e norvegesi. Il gruppo avrebbe anche progettato di compiere, nel 2010, un attentato nel centro di Roma, in una zona molto frequentata. Il kamikaze che doveva farsi esplodere con una cintura di C4 venne ospitato prima in una casupola di Civitanova Marche, quindi accompagnato, per la preparazione finale e le abluzioni di purificazione finali, nel covo di via Spensatello, a Olbia. Ma Sultan Wali Khan, sospettosissimo, notò la presenza delle forze dell’ordine che stavano per eseguire delle perquisizioni e riuscì a far fuggire il kamikaze. L’attentato fallì, ma il suo progetto è rimasto nelle intercettazioni ambientali e telefoniche validate dalla Corte di Cassazione di Roma, che ha recentemente respinto l’istanza di scarcerazione di Wali Sultan Khan ritenendolo, «quale militante di Al Qaeda espressione tipica, nei suoi livelli più elevati, della pericolosità sociale. La sua nazionalità straniera e i comprovati contatti con funzionari corrotti del suo paese e con attivisti del fondamentalismo islamico illuminano intensamente il pericolo di fuga. L’unica misura adeguata alla persona e alla sua storia passata e presente è quella massima consentita dall’ordinamento». Carcere di massima sicurezza, come massima sicurezza ci sarà per il processo contro il terrorismo internazionale – il primo e l’unico celebrato sinora in Italia – presieduto da Pietro Fanile che prenderà avvio questa mattina. Il pubblico ministero Danilo Tronci sosterrà la pubblica accusa.

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