La Nuova Sardegna

Igea, la grande mangiatoia I regali in cambio di voti

di Mauro Lissia
Igea, la grande mangiatoia I regali in cambio di voti

Novantacinque indagati, tra loro anche il leader dell’Udc Giorgio Oppi La società in house della Regione era incaricata di bonificare i siti minerari

16 gennaio 2016
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CAGLIARI. Novantacinque indagati tra cui alcuni pezzi grossi della politica sulcitana accusati di aver messo in piedi ed alimentato un collaudato meccanismo di ruberie, interessi privati e scambi di favori a scopo elettorale, tutto a spese pubbliche: a un anno distanza dai clamorosi arresti dell’ex notabile democristiano Giovanni Battista “Bista” Zurru (77 anni) e del suo fido autista e collaboratore Marco Tuveri (63), il pm Marco Cocco ha firmato l’atto di chiusa indagine sul “sistema Igea”, una vicenda che vede tra i protagonisti anche il potente leader dell’Udc sarda Giorgio Oppi (75) - già indagato nell’inchiesta sui fondi ai gruppi e a giudizio per truffa ai danni della Regione - sindacalisti e politici locali.

Le accuse. L’impianto accusatorio è rimasto sostanzialmente lo stesso contenuto nell’ordinanza per le misure cautelari firmata il 15 dicembre 2014 dal gip Giuseppe Pintori: peculato aggravato per gli indagati principali, tra cui l’amante di Tuveri, la dipendente a termine della società regionale in house Daniela Tidu. Per alcuni anche truffa, turbata libertà degli incanti e voto di scambio. Nell’arco di quasi dodici mesi di approfondimenti condotti dai carabinieri di Iglesias è cambiato il numero degli indagati minori, quelli che avrebbero raccattato le briciole, portando a casa qualcosa di quel grande magazzino gratuito che - a leggere il capo d’imputazione - è stata l’Igea, una società generosamente finanziata dalla Regione per bonificare le terre un tempo minerarie ed oggi ridotte a cimitero di rottami e scorie industriali: erano 59, ora sono 91.

Il protagonista. Per la Procura il factotum del sistema era Tuveri – difeso da Agostinangelo Marras e Massimo Melis, Marras difende anche la Tidu – ex sindacalista sospeso dalla Uil, libero di muoversi tra i beni della società in house per alimentare le proprie tasche e quelle degli amici, su tutti l’amante. Zurru - difeso da Mariano e Massimo Delogu - per l’accusa, sapeva e lasciava fare. Mentre la figura politicamente autorevole di Oppi - difeso da Massimiliano Ravenna - compare sullo sfondo della vicenda come presunto regista di operazioni rivolte a controllare con omaggi mirati le candidature locali.

Dai tubi alla benzina. A scorrere gli atti del pubblico ministero all’Igea si rubava un po’ di tutto, approfittando di connivenze e dell’assenza totale di controlli: 160mila litri di carburanti in un mese distribuiti tra gli amici, piastrelle staccate dai muri delle vecchie residenze minerarie, gli storici carrellini di ferro che gli operai usavano per trasportare i minerali, rete metallica, tubi innocenti, filo di ferro, buste da lettera. Gli automezzi erano a disposizione di tutti: uso privato. Così come l’officina meccanica. Girava tutto fra di loro, da anni e anni, un valore di migliaia e migliaia di euro che secondo l’accusa serviva a oliare gli elettori, ricompensando voti e aiuti politici: una tanica di gasolio era il corrispettivo di cinque voti, per cento consensi l'omaggio doveva essere un carrello da sistemare in giardino o un'autopala antica.

Appalti e favori. I conti economici di questo mangia-mangia sono noti: 600 milioni di euro pubblici spesi dal 2009 al 2013, con appalti truccati perché andassero a imprenditori graditi. Un giro imbarazzante di favori gestito da una banda dove a girare le rotelle giuste, secondo l’accusa, è puntualmente il 63enne Marco Tuveri, di Carbonia, ex operaio Igea poi sindacalista, infine autista plenipotenziario del presidente Zurru, per gli amici "il maestro", 77 anni, una vita trascorsa a navigare nel mare tempestoso della politica locale, che di lui aveva una fiducia cieca e anche sorda. Oppi poi, è notoriamente vicinissimo a Zurru.

L’indagine. Partita a gennaio 2013 da un esposto, l’indagine è esplosa l'agosto successivo con perquisizioni e avvisi di garanzia ed è arrivata alla fase di svolta a fine 2014. Il centro è Tuveri, fiduciario di Zurru, sposato con figli, affiancato dall'amante Daniela Tidu – doppio lavoro come co.co.pro in Igea e impiegata al parco Geominerario, una delle presunte minatrici che hanno manifestato a Campo Pisano – e da una seconda amante inconsapevole del rettangolo sentimentale in corso. Insieme al "maestro" Zurru, anziano ma mobilissimo, Tuveri viaggia a piacimento sulle auto aziendali, soprattutto un Suzuki Grand Vitara GT. Rifornisce quelle degli amici con il carburante Igea: una pompa installata in un garage vicino casa, a Carbonia, collegata a una cisterna da 1500 litri. Interrompe il rifornimento solo un mese o due, subito dopo le perquisizioni di agosto. Ma poi riprende, sollecitato da una delle amanti: "Oh, venti euro di benzina ho dovuto mettere... quando finisce questa storia?" Gli indagati hanno venti giorni di tempo per farsi interrogare e produrre atti difensivi. Poi il pm deciderà sulla richiesta di rinvio a giudizio.

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