Tula, milioni di euro per l’ostello sul lago che non ha mai aperto
La struttura realizzata a Tula dalla Comunità montana. In stato di abbandono anche un centro velico e due piscine
INVIATO A TULA. Anche Tula ha il suo G8 mancato. Sulle sponde del Coghinas non erano attesi premier e capi di Stato, ma nell’immaginario di chi lo amministrava negli anni Novanta il piccolo centro tra Sassari e Olbia doveva diventare una meta turistica sul lago. Un ritrovo per appassionati di pesca, trekking ed escursionismo. Fu con questo spirito che fu partorito il mega progetto di cemento. Un centro velico, un ostello con piscine olimpioniche e un ristorante che avrebbero dovuto cambiare le sorti di Tula. Un investimento a tanti zeri. Tra i tre e i cinque miliardi di lire, trovati allora dalla comunità montana del Monte Acuto nell’ambito di un più ampio progetto che voleva promuovere il turismo lontano dal mare. Quell’idea a nove zeri, però, non si è mai trasformata in un’opportunità turistica. Anzi, fin da subito è stata fonte di problemi che, a distanza di oltre 20 anni, il comune di Tula non riesce a risolvere. L’amministrazione non sa che farsene di strutture ormai fatiscenti e inutilizzabili che continuano a gravare sulle tasche dei cittadini. Il comune è arrivato a metterle all’asta, ma nessuno ha mai manifestato interesse.
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Cattedrale nel deserto. Negli anni Novanta l’idea di realizzare una sorta di yacht club sul lago aveva fatto sognare Tula. Il turismo lacustre poteva essere la chiave di volta per un paese che viveva principalmente di agricoltura. Da un lato, il centro velico con il pontile galleggiante per le barche, dall’altro l’ostello della gioventù con 30 camere e un’ottantina di posti letto. Il tutto, però, a 10 chilometri dal paese, senza una strada decente per raggiungerlo e senza servizi essenziali come l’acqua.
Il centro velico. Alla fine degli anni Novanta il centro velico entrò in funzione. O meglio al suo interno fu aperto un bar che ebbe breve vita. In più fu attivata anche una scuola di vela. Nulla a che vedere con lo yacht club che avevano immaginato i vecchi amministratori. Nei primi anni del Duemila venne fatto un secondo tentativo affidato a una coop di giovani, ma senza successo.
L’ostello. Se il centro velico ha avuto vita breve, l’ostello non è proprio mai nato. O meglio la mega struttura in cemento su tre piani e con due piscine che domina il Coghinas esiste da 15 anni, ma non è mai stata portata a termine e non ha mai aperto i battenti. A realizzare l’intero complesso - c’è anche un terzo edificio che ha funzionato per un breve periodo come ristorante - è stata la società Asfodelo, con il comune socio di maggioranza affiancato da privati, messa in liquidazione nel 2015 al costo di 176mila euro per le casse pubbliche.
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Il sindaco. Nel 2006 la Comunità montana ha trasferito la proprietà dell’intera struttura al Comune. «È stata una mia ingenuità non rifiutare – racconta il sindaco Andrea Becca, all’epoca appena eletto –. Il Comune si è ritrovato con una struttura completata solo parzialmente. Mancavano diversi lavori, gli arredi, il depuratore. Presentai anche una scheda per la progettazione integrata all’epoca di Soru: per completare l’ostello servivano un milione e 600mila euro. Una cifra di cui il Comune ovviamente non disponeva».
Altre esigenze. L’ostello e le piscine, dunque, non potevano avere un futuro. Perlomeno per mano pubblica. «Ormai era un’iniziativa non più proponibile – dice ancora Becca –. Intorno a Tula erano sorti ristoranti, agriturismi, noleggi di barche. Ho preferito destinare quei fondi alle esigenze vere della comunità: strade, scuole, biblioteca».
Atti vandalici. Addio, dunque, ai sogni di gloria. E l’ostello da meta turistica si è trasformato in preda dei vandali. Porte divelte e portate via, vetrate in frantumi e scritte sui muri. Uno scempio che non ha impedito al Comune di cercare delle soluzioni. «Abbiamo incontrato almeno 15 soggetti, si pensava anche a una casa di cura – racconta il sindaco –, ma tutti ripetevano la stessa cosa: la struttura è fuori norma, piena di barriere architettoniche».
Asta. Nel 2014 il Comune ha messo tutto all’asta: prezzo minimo 928mila euro per l’albergo e 197mila per il centro velico. Nulla da fare, neanche una manifestazione di interesse. Nel 2015 un nuovo tentativo con una base d’asta più bassa: 835mila per l’ostello e 177mila per lo yacht club. Ma anche questa è andata a vuoto. «Oggi le norme nazionali dicono di vendere ciò che non serve – sostiene Becca –. Il Comune non ce la fa, è la storia d’Italia: ogni volta che la mano pubblica ha provato a fare impresa ha fallito. Ecco perché invito gli imprenditori capaci a partecipare alle aste. Meglio che la struttura venga finita e gestita da chi conosce il mercato».
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