La Nuova Sardegna

L’eroe dimenticato di Nassiriya restituisce medaglie e pergamene

di Pinuccio Saba
L'ex carabiniere Pietro Sini
L'ex carabiniere Pietro Sini

Pietro Sini, l’appuntato dei carabinieri in congedo che a Nassiriya, il 12 novembre di tredici anni fa, si era infilato nella base Maestrale attaccata dai terroristi per prestare soccorso ai colleghi feriti, è andato in Prefettura a Sassari per restituire medaglie e pergamene

02 aprile 2016
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SASSARI. «Erano quasi terrorizzati, manco gli stessi consegnando dell’esplosivo». Sorride quasi divertito, Pietro Sini, l’appuntato dei carabinieri in congedo che a Nassiriya, il 12 novembre di tredici anni fa, si era infilato dentro la base Maestrale appena attaccata dai terroristi per prestare soccorso ai colleghi feriti. Ma è un riso amaro, il suo: ieri mattina, infatti, per «metter fine a una situazione assurda che dura da anni» si è recato in prefettura per restituire al rappresentante del governo (che non le ha accettate) le onorificenze che gli erano state assegnate dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e cioè la nomina di Cavaliere della Repubblica Italiana e la medaglia d’oro - con annessa pergamena - quale vittima del terrorismo. Un rapporto difficile con le istituzioni, e con l’Arma dei carabinieri in particolare, mentre Pietro Sini era ancora in servizio al nucleo radiomobile della compagnia di Porto Torres, ulteriormente peggiorato non appena ha lasciato il corpo.

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Un rapporto, spiega davanti alla prefettura di Sassari, infarcito di piccoli sgarbi istituzionali, “dimenticanze”, improvvisi vuoti di memoria in occasione degli appuntamenti istituzionali quali la ricorrenza della Virgo Fidelis (patrona dei carabinieri) o della commemorazione dell’attentato di Nassiriya o di altri attentati costati la vita a militari in missione all’estero. «In diverse occasioni sono stato contattato informalmente dall’Arma che mi preannunciava un invito a qualche cerimonia – racconta – ma poi l’invito vero e proprio non arrivava mai. E ancora, mi hanno invitato a un incontro con tutti i decorati e feriti sardi in missioni di pace che si doveva tenere a Iglesias. Mi hanno detto che ci sarebbe stata un’auto a mia disposizione, ma qualche giorno dopo quell’auto non era più disponibile. Siccome conosco le difficoltà del momento, la cosa non mi ha infastidito ma quando sono arrivato a Iglesias ho scoperto che molti colleghi erano arrivati a bordo delle auto dell’Arma. E, benché amareggiato, sono andato via dal raduno senza dir niente a nessuno».

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Piccoli sgarbi che risalgono ai primi anni del dopo Nassiriya, quando Pietro Sini ha ricevuto diversi riconoscimenti dal Comune di Porto Torres, dall’Ordine di Malta, da numerosi enti privati e associazioni. «Non mi invitavano neppure alla commemorazione che si tiene ogni anno a Porto Torres – aggiunge – e questo ha creato dei problemi non tanto a me quanto a mio figlio: i suoi compagni, infatti, gli chiedevano conto della mia assenza, arrivando a ipotizzare che mi ero inventato tutto». Eppure a conferma del gesto di Pietro Sini ci sono le immagini di una tv irachena che lo riprendono mentre esce dalla caserma ancora in fiamme. Forse un personaggio scomodo, l’appuntato scelto Pietro Sini (ora vice brigadiere, ma non ancora per l’Inps), che non ha lesinato critiche alla gestione della missione dei carabinieri a Nassiriya prima e del trattamento poi riservato (a suo dire) dal comando generale dell’Arma agli scampati alla strage di 13 anni fa. Eppure Pietro Sini racconta di aver provato a ricostruire i rapporti con l’Arma. «Due anni fa in occasione della festa della Virgo Fidelis sono andato a Cagliari e ho consegnato un lettera al comandante regionale – spiega –. Nella lettera chiedevo ai vertici dell’Arma di dimenticare quanto accaduto e ripartire daccapo. Dopo un anno e mezzo non ho ancora ricevuto risposta. Non mi resta quindi che restituire le onorificenze visto che le istituzioni non le ritengono degne di un minimo di attenzione».

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